La politica estera delle adozioni internazionali: il modello francese non è da imitare (Gosso); ma i consolati francesi sono vere e proprie antenne territoriali (Griffini)

Proseguiamo con il dibattito fra Pier Giorgio Gosso, ex presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione, e Marco Griffini, presidente di Ai.Bi., sul Manifesto “Oltre la Crisi”, lanciato dall’Associazione per proporre una riforma delle legge sulle adozioni internazionali e duramente criticato dal Dott. Gosso in un documento del 9 agosto 2012 inviato tramite l’Associazione ANFAA. Ecco il dibattito sulla proposta di Ai.Bi. di trasferire la Commissione per le Adozioni Internazionali presso il Ministero degli Affari Esteri.

Piergiorgio Gosso: “La proposta di trasferire la Commissione per l’Adozione Internazionale (CAI) nell’orbita del Ministero degli Affari Esteri, affidandone la presidenza a un “Ambasciatore per le adozioni internazionali” al fine di coordinare le adozioni internazionali con la politica estera del nostro Paese è copiata dal modello francese, verso il quale il presidente dell’Ai.Bi. non lesina i propri complimenti e la propria ammirazione. Peccato che, nel suo Rapport sur l’adoption, la Commissione Colombani censuri duramente la scarsa efficienza delle attività svolte dal Service pour l’Adoption Internationale (SAI) – l’equivalente della nostra CAI -, contrapponendo all’assetto istituzionale e alle modalità operative, di mera facciata, dell’agenzia centrale francese quelli ben più completi e incisivi in funzione nel nostro Paese. E tanto basta.”

Marco Griffini: “Devo contraddire Gosso perché le conclusioni contenute nel rapporto Colombani del 2008 sono state proprio la base della riorganizzazione dell’autorità centrale francese realizzata nel 2009 e quindi le censure riguardavano l’assetto precedente e non certo quello attuale. Inoltre, non è corretto dire che l’Italia fu presa a modello in quanto nel rapporto, in generale, è stato riportato quanto di positivo esistesse in molti Paesi in quel momento, e non solo in Italia. Ecco piuttosto l’aspetto più interessante del documento: “Le procedure e sfide dell’adozione internazionale sollecitano fortemente la rete diplomatica e consolare francese. Se l’adozione non è un obiettivo della diplomazia, essa è nondimeno oggetto di problematiche diplomatiche: la protezione dell’infanzia, a fortiori quella dei minori adottati, affermata dalla convenzione dell’Aja, fa parte dei doveri degli Stati che devono “garantire che le adozioni internazionali abbiano luogo nell’interesse superiore del minore e nel rispetto dei diritti che gli sono riconosciuti. Di conseguenza, le reti consolari, in certi paesi di origine importanti, sono in prima fila per il rilascio dei visti di adozione. Essi (i.e. i servizi consolari) costituiscono inoltre, all’interno delle ambasciate, dei punti di appoggio preziosi per l’autorità centrale francese per l’osservazione delle legislazioni nazionali e per gli operatori sul terreno, ai quali essi possono apportare sostegno e appoggio.” Quello che caratterizza dunque il sistema francese è, non solo l’attuale direzione dell’autorità centrale ad un Ambasciatore anziché ad un Ministro, ma anche il fatto che – pur sempre stati all’interno del ministero affari esteri – gli uffici dell’autorità centrale fanno oggi parte del Dipartimento competente per le attività consolari.

Ecco invece cosa si legge alla pagina 314 del rapporto citata dal Dott. Gosso, che contiene un excursus dei modelli europei nella materia e che per ognuno di essi elenca gli aspetti positivi: “Dell’esempio italiano, più aspetti organizzativi catturano l’interesse: la capacità di coordinamento interministeriale, di controllo, d’impulso e d’orientamento dell’insieme delle procedure devolute alla commissione per le adozioni internazionali, che appare fortemente simile a quella “torre di controllo” di cui la Francia è carente; il ricorso obbligatorio agli enti autorizzati, che hanno uno statuto di ONG umanitaria; etc.