Siria: bene i corridoi umanitari ma troppi pochi i progetti per aiutare chi tenta di non scappare

latte-modificata-bambinoAll’Angelus domenicale in piazza San Pietro, il Papa ha elogiato il progetto pilota dei corridoi umanitari per profughi avviato di recente in Italia “come segno concreto di impegno per la pace e la vita.. un progetto che unisce la solidarietà e la sicurezza e consente di aiutare persone che fuggono dalla guerra e dalla violenza tra cui bambini malati, persone disabili, vedove di guerra con figli e anziani”. Bene, i corridoi umanitari salvano la vita a chi riesce a scappare dalla miseria e dalla tragedia della guerra. E gli altri? Perché ci sono tanti, troppi altri che non riescono neanche a mettere un piede fuori dalla propria casa o rifugio di fortuna. Tanti, troppi sono quelli che rimangono bloccati là, in quella terra…tra quelle macerie, tra quei ruderi, sotto quel cielo di spari e di bombardamenti, lungo quelle strade dove anche i più piccoli tratti tra una casa e un’altra è una sfida tra la vita e la morte. Tanti, troppi che non hanno il coraggio, l’età o i mezzi per scappare, per tentare la “sorte” per intraprendere quei viaggi della speranza…senza alcuna certezza di farcela. Di arrivare a destinazione.

Allora, bene i corridoi umanitari per chi riesce trovare una via di fuga…ma chi pensa a chi volente o nolente rimane in Siria? Chi si prende cura di loro? Pochi o non di sicuro tanto quanto quelli che hanno avviato i corridoi umanitari.

Chi rimane in Siria è l’ultimo degli ultimi? E intanto nei campi profughi in Turchia le condizioni sanitarie sono pessime: si vive tra i rifiuti e le mosche: i bambini si stanno ammalando. Pochi hanno le scarpe e nel freddo tosse, bronchiti e polmoniti sono all’ordine del giorno. Le mani dei ragazzini si spellano e si vedono profondi tagli. Anche sul viso compaiono i segni di gravi dermatiti.

Proprio per loro, al loro fianco c’è Ai.Bi: perché laddove c’è il bisogno, la vera emergenza Amici dei Bambini non si sottrae e va sul campo, tra le macerie, la polvere e il fango. E lì ogni giorno a distribuire a migliaia di famiglie ceste alimentari, patate, lenticchie, pane o farina, E’ lì per realizzare forni, è lì giorno e notte e fornire  assistenza medica e scolastica. E’ lì a dare speranza sottoforma di carezze, sostegno materiale e psicologico. E’ lì a fare giocare i bambini per restituirgli anche piccoli sprazzi di spensieratezza e di infanzia rubata.

In tutto questo gli orfanotrofi crescono come funghi: in poco tempo sono sorti in città dieci orfanotrofi, circa migliaia ora sono seguiti e protetti. Si pensa, però, che ve ne siamo diverse centinaia che vagano per le strade e le campagne, soli e abbandonati. Nella sola provincia di Hatay si contano circa 10mila orfani. Nessuno più esclude che alcuni siano serviti come cavie umane per il trapianto di organi o preda degli orchi pedofili. Nelle colonne in fuga i ragazzini erano il bersaglio preferito dei cecchini.  E se in Italia parlare di orfanotrofio è una macchia nella vita di un bambino, qui è la speranza. L’associazione altoatesina Syrian Children Relief, presieduta da Amgiad e Amir Fallaha, in Trentino Alto Adige  ha fatto una scelta diversa e si occupa del sostegno economico e alimentare degli orfani all’interno del territorio siriano, nella provincia di Idlib. In particolare, dona ad ogni orfano 50 euro mensili, che gli permettono di sopravvivere. Ne sostiene circa mille! Con l’associazione Amici dei Bambini, sempre di Bolzano, sostiene la costruzione di un forno e di un asilo, sempre in Siria, sempre nella zona di Idlib, da dove proviene la famiglia Fallaha.

E intanto i bambini siriani continuano a sognare come Ruba: lei sogna l’Italia, sogna di diventare medico chirurgo per tornare in Siria e aiutare il suo popolo. Ha deciso di diventare medico, ma lei corregge, “medico chirurgo”, un terribile giorno di quattro anni fa quando, improvvisamente, dal cielo cominciarono i bombardamenti. “Mi sono alzata e ho visto vicino a me alcuni compagni morti, altri avevano subito gravi mutilazioni e tanto sangue. Non c’era un solo medico che ci aiutasse, che curasse i feriti, non c’era un chirurgo che operasse i miei compagni. Ecco perché voglio diventare chirurgo”.

Ecco perché è ancora più importante e ogni giorno più impellente il lavoro di Ai.Bi. Ma per fare tutto questo e soprattutto dare una continuità a questi interventi, è necessario, se non fondamentale, il vostro aiuto: anche tu puoi, infatti, sostenere e sfamare una famiglia siriana. Con soli 25 euro al mese, puoi garantire viveri e beni di prima necessità a mamme, papà e soprattutto bambini. Insieme ai diritti al gioco, alla salute, alla scuola, il cibo è uno dei pilastri fondamentali del progetto di Sostegno a Distanza “Io non voglio andare via”,  portato avanti da Amici dei Bambini nell’ambito del campagna Bambini in Alto Mare, nato con l’obiettivo di permettere ai bambini della regione settentrionale di Idlib di continuare a sentirsi a casa nel proprio Paese.

 

Fonte: www.trentinocorrierealpi.gelocal.it