L’immagine di questo bambino è il segno di una speranza ‘incredibile’ per tutti gli uomini!

predicazione-del-battistaIn occasione della seconda domenica di Avvento, il teologo don Maurizio Chiodi trae spunto, per la sua riflessione, dai brani del Libro del profeta Isaia (Is 11,1-10), della Lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 15,4-9) e del Vangelo secondo Matteo (Mt 3,-12).

 

Scrive l’apostolo Paolo ai Romani, nella seconda lettura di oggi: «tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione». È vero, il tempo di Avvento dovrebbe essere privilegiato in questo senso, come un tempo in cui ci lasciamo istruire particolarmente dalla Parola di Dio!

Questo, dice ancora Paolo, perché «teniamo viva la speranza». Ecco che cosa ci insegna la Parola, in questo tempo: ci istruisce a tenere viva la nostra speranza, in un Dio che viene a noi come il Dio della perseveranza e della consolazione.

Dunque, lasciamoci istruire dalla Parola, mettiamoci in ascolto. Facciamolo ogni giorno, almeno dieci minuti, per chi non lo fa già e magari prega già con un tempo più prolungato!

Occorre lasciarci istruire dalla Sapienza della Parola!

La prima lettura, oggi, è tratta dal profeta Isaia. È una pagina bellissima, in cui è difficile scegliere una parola piuttosto che un’altra, perché è un rincorrersi di immagini e di parole che in modo sovrabbondante ci trasmettono non solo un’idea o più idee, ma un ‘clima’, un’atmosfera, un ambiente, qualcosa che ci avvolge e ci immerge dentro. È un clima di aurora, di luce che sta arrivando e, da lontano, tinge il cielo nero con una tavolozza di luce e di colori bellissimi.

Non avete mai visto l’aurora?

Noi vediamo più facilmente il tramonto, che è bello anch’esso, ma di una bellezza carica di nostalgia, di intimità, di raccoglimento, di invito a deporre gli affanni. È l’invito a rientrare nel ‘porto’, a fermarsi per riposare.

L’aurora – in modo diverso, ma altrettanto bello – tinge il cielo di colori simili, ma ogni volta imprevedibili. L’aurora è l’emblema dell’annuncio e dell’attesa di qualcosa, che comincia e che sta per arrivare, anzi è già qui.

È come l’esplosione dei colori della vita sul buio della notte.

Ecco il testo di Isaia è annuncio di «un germoglio», «un virgulto», che nasce e germoglia dalle radici e dal tronco di Iesse, il padre del re Davide … proprio da questo tronco davidico nascerà Gesù!

Questo ‘clima’ di aurora e di luce incipiente è segnato anche dall’abbondanza del dono dello spirito su questo germoglio.

Ricolmo di questo spirito, ricolmo di Dio, questo “virgulto” avrà la nitidezza e la saggezza di Lui, ma sarà spietato con l’empio e con il violento. La luce dell’aurora diventa bellissima nelle immagini straordinarie con cui il profeta parla di quel tempo di riconciliazione e di pace.

‘Quel giorno’ sarà sovrabbondante di riconciliazione. Il profeta accosta, a coppie, animali domestici e selvatici che sono quanto di più disparato si possa immaginare: il lupo e l’agnello, il leopardo e il capretto, il vitello e il leoncello, la mucca e l’orsa, il leone e il bue. È un accavallarsi di immagini di pace che trova il suo compimento, sorprendente, nella figura di un «piccolo fanciullo», un «bambino», addirittura un «lattante».

È troppo facile, qui, il richiamo al Natale, al presepe, con quel bambinello, lattante, che rappresentiamo sempre sorridente, con le braccine e le manine che si allargano quasi a invocare aiuto, ma anche ad abbracciare e, forse, a benedire …

Isaia dice che questo piccolo fanciullo, ‘guiderà’, come un pastore, questi animali riconciliati.

E poi parla del lattante che giocherà – «si trastuller໫sulla buca della vipera» e del «bambino» che «metterà la mano nel covo del serpente velenoso». Non potremmo pensare un contrasto più forte: la tenerezza e la vulnerabilità di un piccolo e l’insidia mortale che si nasconde nella buca e nel covo di un serpente velenoso, una vipera!

L’immagine bellissima di questo bambino, lattante, che non dovrà temere alcun male, pericolo o minaccia è il segno di una speranza ‘incredibile’ per tutti gli uomini! Una speranza che ci inonda e ci invade come le acque del mare che riempiono la terra!

In quel giorno dice ancora il profeta, questa ‘radice di Iesse’, questo bimbo suo discendente sarà come un ‘vessillo’, come una bandiera cui tutti i popoli guarderanno con ansia, con desiderio profondo.

È l’anelito di chi è nella notte e attende il giungere della luce.

Questo è quello che annuncia Giovanni il Battista, il precursore di Gesù, nel Vangelo di questa seconda domenica di Avvento: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!».  E Matteo, modificando un po’ il testo di Isaia, vede in questo uomo quella ‘voce’ che nel deserto avrebbe invitato con forza il popolo a preparare «la via del Signore».

Questo Vangelo oggi ci invita a lasciarci scuotere dalla figura ‘aurorale’ di Giovanni il Battista. È descritto qui come uno che vive nel deserto, «vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi». È uno che si nutre di «cavallette e miele selvatico».

In questa descrizione, certo, c’è una rudezza e una austerità forti che ci colpiscono. Però, c’è anche qualcosa di quelle immagini di Isaia, del lupo e dell’agnello. C’è qui, qualcosa che annuncia quella incredibile riconciliazione promessa dal profeta.

Giovanni abita in un luogo inabitabile. Il deserto viene trasformato (da Dio) in una casa per l’uomo, «perché il regno dei cieli è vicino!».

Giovanni compie un atto, che è un segno forte di conversione e di rinnovamento: da tutti i luoghi «accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati».

Si respira in questa scena una tensione al rinnovamento, all’inizio di qualcosa di nuovo. Come un fremito di un vento nuovo, al nascere di un nuovo giorno. Immergendosi nell’acqua del Giordano, tutto il popolo si impegna a rinnovarsi, confessa le proprie colpe.

Anche per noi, questo tempo potrebbe essere un’occasione preziosa per ‘lavare’ le nostre colpe nell’abbondanza della misericordia di Dio!

Colpisce, infine, nelle parole di Giovanni il senso fortissimo di urgenza. Sono parole solo apparentemente violente: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente?». Giovanni annuncia uno che «viene dopo» di lui, molto più grande di lui, senza proporzioni, che «battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Il fuoco di Dio.

Dio che è fuoco d’amore che brucia il male come paglia, ma insieme riscalda e illumina chi si affida a lui! 

«Già la scure è posta alla radice degli alberi».

In realtà non c’è nessuna violenza in queste immagini; c’è, fortissima, l’urgenza della decisione. È l‘appello forte a non perdere l’occasione. E’ adesso che il Signore viene.

Da «pietre», dure, insensibili, cocciute, fredde, aride, Dio può fare di noi – solo se lo accogliamo – dei «figli» di Abramo, uomini e donne che con incredibile fiducia e speranza si affidano alla sua luce che viene!