Unicef: nuovi studi per l’infanzia. La parola adozione non viene nemmeno menzionata

Investire nelle comunità dei Paesi in via di sviluppo e nei bambini in difficoltà: questa la ricetta proposta da Unicef per salvare milioni di vite. Due gli studi – “Ridurre i divari per raggiungere gli obiettivi” e “Progressi per l’infanzia: raggiungere gli Obiettivi del Millennio con equità” – realizzati dall’Agenzia ONU per l’infanzia in cui si dimostra che la comunità internazionale può salvare l’infanzia in difficoltà nei Paesi in via di sviluppo. E non sarebbe una scelta anti-economica.

Nelle due pubblicazioni, Unicef ha tratteggiato, con tanto di numeri, grafici, trend, la condizione di migliaia di bambini e persone in difficoltà per suggerire una modalità di azione in grado di alleviare le differenze fra i bambini del pianeta. Con lo scopo di avvicinare nel 2015 gli Obiettivi del Millennio, ovvero l’agenda fissata nel 2000 dall’ONU con la Dichiarazione del Millennio, le ricerche hanno fatto il punto sul fronte delle politiche per l’infanzia, dalla prevenzione delle malattia, della mortalità infantile, dell’istruzione, della povertà, dell’accesso ai sistemi igienico sanitari. Il risultato è che, a meno di cinque anni dal traguardo fissato dall’ONU, gli Obiettivi del Millennio sembrano quasi tutti irraggiungibili. Alcuni lontani, altri avvicinabili con grandi sforzi. Per alcune macroregioni, come Africa sub-sahariana e Asia meridionale, risultano obiettivi impraticabili.

Nel 2008 circa la metà degli 8,8 milioni di decessi di bambini sotto i 5 anni si è verificata in Africa; sui 100 milioni di bambini che non vanno a scuola i tre quarti vivono nel continente africano e nei Paesi dell’Asia meridionale. In Africa l’Aids ha reso orfani 14 milioni di bambini.

Nella prima pubblicazione – “Ridurre i divari per raggiungere gli obiettivi” – si dimostra che un approccio basato sull’equità migliora l’utile sul capitale investito, contrastando i decessi infantili e materni, nonché episodi di arresto della crescita. A livello nazionale, la malattia, la cattiva salute e l’analfabetismo colpiscono soprattutto le popolazioni infantili più povere, quindi il fatto di fornire a questi bambini servizi essenziali può permettere di raggiungere gli Obiettivi del millennio e ridurre le disparità all’interno delle nazioni.

La seconda pubblicazione – “Progressi per l’infanzia: raggiungere gli Obiettivi del Millennio con equità” – documenta la disparità in una gamma di indicatori chiave, tra cui quelli che emergono dai confronti di dati tra i Paesi in via di sviluppo e Paesi industrializzati. I principali risultati emersi: i bambini nati nei paesi più poveri hanno probabilita’ più che doppie di morire prima del compimento del quinto anno rispetto ai coetanei nati nei Paesi più avanzati economicamente. I bambini dei paesi più poveri hanno più del doppio delle probabilità di essere sottopeso e corrono un rischio molto maggiore di arresto della crescita rispetto ai bambini dei paesi piu’ ricchi. Nonostante gli importanti passi in avanti compiuti negli ultimi dieci anni verso il raggiungimento della parità di genere nell’istruzione primaria, nelle regioni in via di sviluppo le bambine e le giovani donne rimangono notevolmente svantaggiate nell’accesso all’istruzione, soprattutto al livello secondario. Degli 884 milioni di persone che non hanno accesso a fonti migliorate di acqua potabile, l’84% vive in zone rurali.

Stupisce leggere che nelle due pubblicazioni non viene menzionata l’adozione come strumento di sostegno per l’infanzia in difficoltà, nonostante si parli esplicitamente di milioni di bambini resi orfani dall’Aids, come avviene in Africa sub-sahariana. Oggi l’adozione internazionale sta vivendo un periodo di crisi: numerosi i governi che non la sostengono, anche se dovrebbe essere considerata uno strumento fondamentale sia dai Paesi di origine dei minori che da quelli di accoglienza perché è una delle misure più efficaci per garantire il diritto alla famiglia ai bambini abbandonati.