Venezia. Neonato ritrovato in un cassonetto, avvolto in un sacchetto urlava il suo diritto a vivere. Sempre più urgente una legge che regolamenti l’uso delle culle per la vita

culle termicheUn pianto disperato ha squarciato un tramonto di fine primavera a Santa Maria in Sala, in provincia di Venezia. Erano le 20.40 di domenica 19 giugno, quando, nel pieno centro del piccolo Comune veneto, una donna, appena uscita di casa per buttare l’immondizia, ha sentito dei lamenti provenire dal cassonetto. Una volta aperto, vi ha trovato un sacchetto al cui interno c’era un neonato di pochi giorni e di carnagione chiara, ancora con il cordone ombelicale attaccato, che, urlando, rivendicava il suo diritto alla vita. Immediatamente la donna ha chiamato i soccorsi. Sul posto sono accorsi gli operatori del 118 che hanno portato il piccolo all’ospedale di Mirano, dove è stato affidato alle cure del reparto di Ostetricia. Nella notte i primi accertamenti: il bambino è in buone condizioni, ma deve rimanere ancora in osservazione.

Sempre a Santa Maria in Sala, un anno fa, una neonata – ben vestita, lavata e protetta con una copertina rosa – fu rinvenuta davanti alla porta della canonica dal parroco del paese.

“Quanto accaduto ci richiama all’urgenza di offrire a ogni gestante in difficoltà concrete alternative all’aborto e all’abbandono– ha detto Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la Vita – e quella di promuovere una campagna per diffondere la possibilità di partorire in anonimato nel nostro Paese”.

Episodi come questi, di cui periodicamente raccontano le cronache, dimostrano come tante neomamme, che non possono o non vogliono tenere con sé i propri figli appena nati, ricorrano a gesti disperati, come l’abbandono in un cassonetto o per strada o all’infanticidio, temendo di essere riconosciute.  Ma fatti come quelli di Santa Maria in Sala sono anche la prova di quanto sia urgente predisporre degli strumenti che permettano a queste donne di lasciare i propri neonati in condizioni di sicurezza, assicurando loro la sopravvivenza, senza incorrere in alcun reato.

In Italia sono attive circa 50 Culle per la Vita, dei luoghi protetti in cui il neonato abbandonato non rischia la vita, ma viene preso in cura da operatori specializzati, garantendo l’anonimato alla madre. L’elenco è consultabile sul sito del Movimento per la Vita (www.mpv.org). Ma non è detto che non vi siano anche altre culle non ancora rese pubbliche e non comprese in questa lista. Un registro nazionale ufficiale delle culle per la vita, con una mappatura di facile consultazione e accessibilità, è il primo strumento da predisporre. Con esso urge una normativa ad hoc che metta nero su bianco che lasciare un bambino in una culla termica non costituisce reato. In tal caso, infatti, si applica la stessa normativa dell’abbandono in ospedale, perché la culla – come l’ospedale e al contrario di un cassonetto – è costruita per salvare una vita umana.

Ecco perché è necessario incrementare sempre più la presenza di culle termiche, in modo che esse abbiano una diffusione capillare sul territorio nazionale, venendo incontro alle esigenze di tante donne che, in ogni angolo d’Italia, potrebbero ricorrervi. Sono circa 3mila, infatti, i neonati che ogni anno vengono abbandonati nel nostro Paese, ma di questi solo 400 vengono salvati. Amici dei Bambini ha attivato nel 2015 la sua culla per la vita a Pedriano, in provincia di Milano, in una zona facilmente raggiungibile dall’autostrada e all’interno di una struttura protetta in cui è assicurata la presenza costante di operatori specializzati nella presa in carico del neonato, sempre nel rispetto dell’anonimato di chi lascia il bambino nella culla.