Basta un Chicco per fare felice un bimbo

catelli_premio_aibiRiportiamo di seguito un’intervista pubblicata sul numero del settimanale “Diva e donna” in uscita martedì 10 giugno. La giornalista Serena Burioni ha intervistato Francesca Catelli, vicepresidente del Gruppo Artsana, che racconta la crescita del progetto “Chicco di Felicità”, a sostegno di Amici dei Bambini e dell’adozione di ragazzi con bisogni speciali.

 

Un ciondolo, o come si dice oggi un charm, attaccato a una collanina, è il chicco che può aiutare un bambino con delle difficoltà a trovare una famiglia adottiva. Non è una favola, ma un progetto, che si chiama appunto “Chicco di Felicità”, nato nel 2003 all’interno dell’azienda Chicco del Gruppo Artsana. Undici anni dopo, il “Chicco di Felicità” è cresciuto, non è solo un progetto aziendale di charity ma è diventato un vero e proprio brand con una forza tale da seminare preziose collaborazioni. Prima con Chantecler, poi con Stroili Oro e, di recente, con Elio Fiorucci che ha creato due t-shirt e una shopping bag da vendere con la stessa missione: sostenere Ai.Bi., Associazione Amici dei Bambini. Dietro a questo sviluppo c’è il lavoro di una donna, imprenditrice e mamma di due adolescenti, Sofia e Pietro. “Il punto di partenza è che ogni individuo ha diritto a essere bambino. Nessuno è in grado di essere un adulto se non ha l’esempio almeno di un genitore”, spiega Francesca Catelli, Vicepresidente Communication & Corporate Image Artsana Group.

Perché tra tante associazioni avete scelto Ai.Bi. e il mondo delle adozioni?

“Il nostro slogan dice “Chicco dove c’è un bambino”: se non ci muoviamo noi per aiutare chi ha bisogno, chi può farlo? Ci ha mosso un profondo senso di responsabilità. All’inizio cercavamo una fondazione seria che avesse i nostri stessi valori. L’incontro con Marco Griffini, presidente di Ai.Bi., fu illuminante: iniziammo a fare progetti di case famiglia, incontri di formazione con i genitori intenzionati ad adottare. Poi, abbiamo iniziato a specializzarci sulle adozioni dei bambini cosiddetti special needs, cioè che hanno bisogni speciali”.

Chi sono i bambini special needs?

“Sono gli ultimi della lista, quelli che non vuole adottare nessuno perché hanno qualche ‘difetto’ fisico, per esempio il labbro leporino, oppure una lieve sordità, in genere tutte patologie che nella crescita hanno buone probabilità di migliorare, ma che all’inizio allontanano le adozioni”.

Attraverso la vendita di un gadget, il “Chicco di Felicità”, come si può aiutare questi bambini?

“Attraverso la vendita del ‘Chicco di Felicità’ finanziamo l’incontro con figure professionali che possono favorire l’adozione di questi bambini speciali. Abbiamo riscontrato, infatti, che molte coppie, già spaventate dall’adozione, si bloccano quando si presentano loro bambini con dei problemi. Attraverso un colloquio con un esperto, che sia un sociologo, uno psicologo, un medico, i genitori si aprono e le loro paure si attenuano. Tra il 2011 e l’inizio di quest’anno, 730 bambini sono stati adottati con Ai.Bi. anche grazie al Chicco di Felicità: di questi, 553 sono bambini speciali”.

Il vostro impegno è solo italiano?

“E’ a livello internazionale. Nel 2011 abbiamo creato una collaborazione con la Fondazione Amici dei Bambini, coinvolgendo nove filiali del Gruppo per avviare un progetto che riguarda la cura dei bambini con cardiopatie. Quest’anno sono stata con loro in Cambogia: era la mia prima missione da professionista”.

Come è andata?

“È stata un’esperienza forte sia per il luogo sia per quello che ho visto insieme a un team di cardiologi, assistendo a interventi in sala operatoria. Come succede in questi casi, torni e capisci quanto siamo immersi nell’inutile. L’effetto dura poco, ma c’è sempre un puntino nella tua mente che ti fa ridimensionare”.

Ha già in mente un altro viaggio?

“Andrò in Uganda con il progetto ‘Lights on Africa’, del brand del Gruppo, Pic Solution, a visitare l’Ambrosoli Memorial Hospital”.