Adozione internazionale. “Quando dire a mio figlio che è stato adottato?”

È fondamentale che il bambino sviluppi la consapevolezza che, pur essendo stato separato dai propri genitori biologici, altre persone lo hanno desiderato, scelto e amato. Parlare dell’adozione fin da subito aiuta il bambino a sentirsi sicuro della propria storia

Quando arriva il momento di dire a nostro figlio che è stato adottato e che non è nostro figlio biologico? Lo sa già? Dobbiamo essere noi a dirglielo o ce lo farà capire lui, quando sarà il momento? Sono tanti, e molto comuni, i dubbi dei genitori riguardo quando e cosa rivelare al proprio figlio relativamente all’adozione.
La cosa principale di ui tenere conto è che un bambino accolto in adozione è un bambino che ha vissuto, sulla propria pelle, la rottura di un legame di accudimento e protezione. Per permettergli di ritrovare un adeguato senso di sicurezza e stabilità, è fondamentale ricostruire una relazione fondata sulla fiducia e sulla sicurezza affettiva.

La memoria delle origini

Anche i bambini adottati in tenerissima età conservano nella memoria qualche traccia delle proprie origini. Questi frammenti possono riaffiorare, ad esempio, nei sogni, in forme misteriose e confuse.
In passato si tendeva a commettere molti errori su questo tema. Spesso, soprattutto quando si trattava di bambini accolti molto piccoli, i genitori adottivi pensavano che fosse meglio non affrontare l’argomento, nella convinzione che il bambino fosse del tutto ignaro delle circostanze della sua nascita. Si temeva che la rivelazione potesse essere traumatica, e così si preferiva rimandare, a volte per anni. Tuttavia, quando la scoperta avveniva in modo improvviso — magari per mano di terzi — il bambino ne rimaneva profondamente scosso. Questo evento minava il rapporto di fiducia con i genitori adottivi, generando diffidenza e un senso di tradimento dovuto alla percezione di essere stati ingannati.

Il momento del confronto

In realtà, l’informazione risulta tanto più traumatica quanto più arriva tardi.
I bambini, infatti, sono molto sensibili: colgono variazioni nel tono della voce, percepiscono imbarazzi o silenzi legati al tema dell’adozione e, inconsciamente, avvertono che c’è qualcosa di misterioso che li riguarda. Tutto ciò può portarli a diventare sospettosi e insicuri.
È utile che i genitori si soffermino a riflettere sulle difficoltà che possono provare nell’affrontare il tema delle origini. Spesso, dietro a queste esitazioni, si nasconde il timore di riattivare il dolore legato all’impossibilità di generare figli biologici — una ferita che talvolta si cerca di dimenticare, più che di accettare e pacificare dentro di sé.
La scelta migliore, invece, è affrontare da subito il tema della rivelazione, cogliendo ogni minima occasione per parlare della storia passata del bambino. Non importa se è ancora molto piccolo: si può cominciare con parole semplici, non appena mostra curiosità, magari aiutandosi con storie, filastrocche o ninna nanne.
Parlare dell’adozione fin dall’inizio permetterà al bambino di sentire che ha sempre saputo delle proprie origini. Questo approccio farà sentire anche i genitori più sereni e pronti a rispondere, nel tempo, alle domande sempre più consapevoli e articolate del figlio.

Sapere di essere stato voluto

È fondamentale che il bambino sviluppi la consapevolezza che, pur essendo stato separato dai propri genitori biologici, altre persone lo hanno desiderato, scelto e amato, indipendentemente dal legame genetico.
L’adozione è un tema complesso, che va affrontato tenendo conto delle specificità di ogni bambino e di ogni famiglia. Ciò che è essenziale, però, è che il discorso avvenga in tempi relativamente brevi, con chiarezza e trasparenza. I genitori devono saper calibrare modi e tempi, adattandoli all’età, alla maturità e alla capacità di comprensione del bambino. Così, lo aiuteranno a ricongiungersi alla propria storia originaria, senza “vuoti” o fratture temporali, ma in una continuità affettiva tra ciò che c’era prima e ciò che c’è ora.
Si tratta di un atto di responsabilità che rafforza la relazione di fiducia con il figlio, in un clima di coerenza, autenticità e sicurezza emotiva.

Marina Gentile
Psicologa e Psicoterapeuta Ai.Bi.

Informazioni e domande sull’adozione internazionale

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