Adozione internazionale. Colombia: “Dov’è mamma? Dov’è papà?” gridavano eccitati Juan e Pablo mentre salivano le scale

terzi“Dove è mamma? Dove è papà?” gridavano tutti eccitati Juan e Pablo mentre salivano le scale per raggiungere il luogo di incontro con i genitori Nadia e Gianluigi, volati in Colombia da Pradalunga, in provincia di Bergamo. I bambini arrivavano da una località della periferia di Bogotà dove avevano vissuto in una casa famiglia prima di tornare a essere figli, lo scorso mese di giugno.

A causa della pioggia e del traffico l’arrivo dei due fratellini è stato ritardato di un’ora.

E’ stata l’ora più snervante della nostra vita! – ricordano Nadia e Gianluigi, una coppia amante dei viaggi e delle culture del mondo, oggi testimoni per #iosonoundono – : eravamo in una stanza all’ultimo piano degli uffici dell’ICBF (Instituto Colombiano de Bienestar Familiar, l’autorità centrale colombiana per le adozioni, ndr) felici e ansiosi al tempo stesso. Quando sono arrivati la psicologa ci ha detto: ‘Eccoli, guardateli!’. Noi non sapevamo bene cosa fare, agitati come eravamo, poi ci siamo sporti dalla finestra e li abbiamo visti: ci stavano salutando! ”

Juan e Pablo, che da lì a pochi mesi avrebbero compiuto 6 e 4 anni, sono corsi entusiasti incontro a mamma e papà , abbracciandoli e stringendoli a sé. Intorno alla famiglia appena nata, il personale dell’ICBF, le psicologhe, il referente di Ai.Bi a Bogotà.

È stato un momento emozionante e molto rispettoso della nostra intimità – dice Nadia – : dopo il primo momento di euforia collettiva,  ci hanno lasciato soli per vivere in modo unico e indimenticabile quel momento, che resterà impresso per tutta la vita

Dopo l’emozione, è esplosa la festa, con palloncini, torta e stuzzichini. E poi, finalmente a casa, nell’appartamento di Bogotà in cui la nuova famiglia avrebbe mosso i primi passi.

Per quanto la procedura richieda una permanenza di due mesi e mezzo, alla fine siamo rimasti in Colombia un mese e mezzo, in quanto nel nostro caso la burocrazia è andata veloce – dice Gianluigi – . Su consiglio di Ai.Bi siamo rimasti in un appartamento che di solito è utilizzato da altre famiglie adottive. In casa non mancava nulla, c’era perfino un patio e un giardino con giochi“.

In Colombia la preparazione dei bambini all’incontro con i genitori e all’adozione è particolarmente curata.

Quando siamo arrivati a Bogotà, abbiamo prima di tutto parlato con le psicologhe che hanno seguito e preparato i bambini all’incontro con noi – continuano i genitori – Ci hanno raccontato di loro, delle loro abitudini e questa è stata la nostra occasione per fare delle domande e chiedere informazioni e consigli”. E prima dell’incontro con i bambini, sono stati ultimati i preparativi per la permanenza nel Paese.

Spesso c’è timore nelle famiglie per il soggiorno lungo che alcuni Paesi come la Colombia richiedono – dicono Gianluigi e Nadia – : a noi questo periodo non solo è servito ma ha anche entusiasmato. Sarà che noi abbiamo sempre viaggiato ma eravamo tranquilli, ci siamo goduti questo periodo libero da qualsiasi condizionamento. Eravamo solo noi, nel nostro essere famiglia a modo nostro. Si è creato subito un bel legame, perché di fatto ci trovavamo in una condizione paritaria: nessuno conosce noi e nessuno conosce i bambini e quindi si comincia da capo, tutti insieme, a costruire la nostra famiglia, con le nostre regole, le nostre abitudini. E’ un momento bello e unico per le famiglie, anche questo è un dono dell’adozione”.

Prima di partire per l’Italia, Nadia e Gianluigi hanno voluto portare i bambini al mare a Cartagena. “Volevamo che i nostri figli, ovviamente mai stati al mare o in vacanza, avessero dei bei ricordi del loro paese. E infatti è stato proprio così: si sono divertiti, meravigliati della bellezza dei luoghi e ancora oggi ricordano felici quella settimana di vacanza”.

Rientrati in Italia, i bambini sono stati a casa con entrambi i genitori fino alla fine di agosto con un programma di iniziative, gite e pic nic a corto raggio per poter tornare a casa la sera. Avendo vissuto nei dintorni di Bogotà, città a circa 2600 metri sul livello del mare, i bambini erano abituati a temperature che oscillavano tra i 20 e i 9 gradi. “Juan e Pablo non avevano mai visto o indossato sandali, ad esempio, così come le magliette senza maniche – racconta Nadia – : si sono adattati molto bene al nostro clima e al nuovo cibo ma alcune nostre abitudini sono state proprio delle novità, accolte con divertimento”.

Ogni tanto affiorano ricordi del passato, più sfumati per Pablo, più chiari per Juan, anche se appartenenti a un periodo della loro vita non facile e quindi dolorosi.

Sappiamo che loro due sono sempre stati molto uniti e che questo è stato un fattore determinante nell’adozione, perché non fossero separati – racconta la mamma – Sanno di avere dei fratelli ma Juan e Pablo hanno sempre fatto coppia anche quando sono entrati sotto tutela. Sono insieme da sempre”.

Fino allo scorso mese di ottobre Juan e Pablo sono rimasti a casa con la mamma, poi da novembre hanno iniziato in modo graduale l’inserimento all’asilo. “Essendoci la possibilità per i bambini adottivi – precisano mamma e papà – abbiamo deciso di ritardare di un anno l’ingresso alla scuola elementare per Juan e di lasciarlo ambientare alla materna, in una classe diversa da Pablo”.

Oggi i bambini sono contenti, per quanto all’ inizio pare non facessero salti di gioia per andare a scuola; soprattutto Juan ha un carattere espansivo: già saluta tutti e tutti lo cercano. Nessun problema rispetto al cibo, rassicura mamma Nadia: “Juan e Pablo mangiavano già molta frutta, verdura, yogurt, riso al posto del pane. La nostra cucina è piaciuta tanto che sono molto cresciuti in questi mesi: ogni tanto comunque a casa cucino ‘alla Colombiana’, proponendo riso invece del pane”.

E quest’inverno, altre scoperte. “La neve, il bob e santa Lucia che porta i doni ai bambini…” concludono Nadia e Gianluigi.