Piovani (Le radici e le Ali) “Come ridare fiducia alle coppie italiane? Con un lavoro comune fra associazioni familiari, enti autorizzati e servizi territoriali”

piovaniLe famiglie italiane sono scoraggiate e non hanno più fiducia nelle adozioni internazionali. Ogni anno 500 coppie in meno aprono il loro cuore e la porta di casa a un bambino straniero che aspetta solo di essere amato. E’ una vera e propria fuga delle famiglie italiane certificata: un’emorragia che bisogna immediatamente “tamponare”.

Dopo anni di crescita costante, infatti, il 2004 resta un anno storico con il boom della disponibilità all’accoglienza: undici anni fa furono ben 8.274 domande di disponibilità presentate. Nel 2014, invece, le disponibilità sono praticamente dimezzate con 4015 domande d’idoneità.

Cosa succede? Non ci sono più bambini da adottare? No, la triste realtà è ben altra: di bambini in cerca di una casa ce ne sono a milioni se si considera che l’Onu ha stimato che in Africa solo gli orfani di entrambi i genitori per Aids sono circa 15 milioni. A questi si aggiungano i bambini abbandonati o negli Istituti negli altri Paesi.

E allora? Perché le famiglie idonee sono in calo? Di tutto questo si è parlato nel corso dell’Open day che si è svolto sabato 23 maggio a Milano (nelle altri sedi Ai.Bi. in Italia tra il 23 e il 24) a cui hanno partecipato oltre a rappresentanti di enti, associazioni, giudici onorari, proprio le famiglie che hanno esposto tutte le domande e perplessità sugli iter adottivi.

Quello che è maggiormente emerso è un sentimento di scoraggiamento, di diffidenza e di disillusione tra le coppie che vogliono, o meglio vorrebbero, adottare. Molte, però, mollano prima ancora di iniziare l’iter adottivo spaventate dai racconti (a volte infondati e a volte ingigantiti) di amici e parenti; altre mollano ai primi ostacoli e difficoltà e “scontri” con servizi territoriali e tribunali per i minorenni; molte altre si arrendono di fronte ai costi troppo alti e ai tempi particolarmente lunghi della burocrazia. O altre, infine, come la signora Maria Rosaria (intervenuta nel corso del dibattito per raccontare la propria storia), si è vista rifiutare l’idoneità dal Tribunale nonostante i servizi sociali “avessero steso una relazione ottima – ha detto- e ora io e mio marito ci ritroviamo a dovere ricominciare daccapo. Fare ricorso? No. Perché sappiamo che alcuni Paesi non vedono di buon occhio le coppie che fanno ricorso”.

Insomma, la verità è questa: i bambini ci sono, le coppie pure. Cosa succede nel “frattempo”? Il cortocircuito scatta nell’iter…Cosa impedisce che i due “mondi” si incontrino rendendo entrambi felici?  Come si possono aiutare queste famiglie a recuperare fiducia? Qual è la ricetta per rilanciare le adozioni internazionali?

Trasparenza, sostenibilità dell’adozione, contaminazione e Rete”. Ha le idee chiare Stefano Piovani, co-fondatore e Presidente di “Le Radici e le Ali”, l’associazione milanese nata nell’ottobre del 2000, presente anche in altre zone d’Italia con alcune realtà Affiliate indipendenti.

“Bisogna fare rete tra i vari attori delle adozioni internazionali – precisa Piovani – interagire e interloquire maggiormente fra di noi con il fine di agglomerare le informazioni fondamentali ed i servizi che servono alle nostre famiglie, tenendole costantemente aggiornate. Per riconquistare la fiducia delle famiglie, dobbiamo essere in grado di spiegare loro con assoluta onestà e senso realistico l’iter e lo stato di adottabilità nei vari Paesi. Bisogna accompagnare le coppie nel pre e post adozione, ma anche durante, dove tempi e dettagli logistici rischiano di pesare troppo sulla coppia. Non dobbiamo mai far sentire le famiglie in percorso sole e/o spaesate. Bisogna poi fare ‘cultura’ in tutti gli ambienti, facendo comprendere alla società nella quale viviamo il valore ed il significato dell’adozione. Ne è esempio il grande lavoro che le associazioni di famiglie adottive stanno portando avanti nelle scuole italiane”.

Gli stessi valori guida e obiettivi de “Nelle nostre mani” il tavolo congiunto di enti autorizzati, associazioni familiari e servizi territoriali uniti da un unico scopo: rilanciare l’adozione internazionale, nato dal Family Lab che si è svolto sabato 09 maggio a Roma su iniziativa del CARE. Un tavolo operativo, unico nella storia delle adozioni, che si pone come punto di riferimento istituzionale per individuare e risolvere le esigenze e i bisogni del settore.

“Solo facendo rete – aggiunge Piovani – ed utilizzando le competenze peculiari di ogni attore del settore possiamo individuare insieme dove agire per ridare fiducia alle famiglie”

Mancanza di trasparenza, iter burocratici pesanti, costi troppo alti “sono i temi ‘caldi’ che spaventano ancora le famiglie “e non a torto – precisa – ma è proprio qua che noi enti ed associazioni possiamo fare la differenza, intervenendo al loro fianco. Ne vale la serenità delle famiglie stesse ma soprattutto quella di centinaia di bambini che diventeranno i nostri figli, sono loro al centro del meraviglioso percorso dell’adozione”.

Per Piovani “enti, associazioni familiari, servizi territoriali, tribunali, finora sono state isole a se’, ma qualcosa sta cambiando, ognuno sente l’esigenza di condividere. Il ‘quid’ di questo tavolo congiunto è l’interazione tra i vari attori”.

Nello spirito del “family friendly“ tutti devono chiedersi ‘cosa posso fare io per le adozioni’ – conclude Piovani – e proporre operativamente e concretamente le azioni da mettere in campo  per mettere in movimento un sistema virtuoso che abbia come valori la sostenibilità, la trasparenza e l’etica”.

Solo così, si può scommettere sulla ripresa delle adozioni internazionali.