Adozione internazionale. Perché in Italia è necessario passare da un tribunale per avere l’idoneità e nel resto dell’Europa non più?

Occorre agevolare, anziché ostacolare, la formazione della famiglia partendo dal rendere l’idoneità all’ adozione internazionale quello che è già nella sostanza: una disponibilità da manifestare dinanzi ad autorità amministrative come nella quasi totalità dei Paesi europei

Ho sentito in televisione che nella quasi totalità dei Paesi europei, per avere l’idoneità all’adozione internazionale non occorre più passare dal tribunale, Come mai invece l’Italia non si è uniformata a questa scelta? Non si risparmierebbe tempo a favore della felicità di bambini e famiglie?

Mario

Gentilissimo Mario,

è vero, In tutti i  Paesi europei l’idoneità all’adozione di minori stranieri è rilasciata alle coppie richiedenti con provvedimento amministrativo: sono per lo più i servizi socio assistenziali ad occuparsi delle necessarie verifiche e a permettere che gli adottanti proseguano nell’iter verso l’accoglienza.

In Italia (e anche in Belgio) invece, il rilascio di questa idoneità, come pure altre fasi dell’iter adottivo, sono rimasti un adempimento di competenza dei Tribunali per i minorenni, come avveniva prima della ratifica della Convenzione dell’Aia del 1993, sulla cooperazione in materia di adozione internazionale. La cosa, in effetti, non è pienamente comprensibile visto che i tribunali stessi devono incaricare i Servizi competenti in materie psicosociali e poi decidere sulla base delle loro relazioni.
Non va dimenticato anche che, oltre alle verifiche italiane, le coppie idonee danno incarico agli Enti autorizzati (che conoscono la realtà delle adozioni internazionali in maniera molto più diretta rispetto ai Tribunali e agli stessi servizi) e sono da questi accompagnate, nonché appena dopo sottoposte alla ulteriore “approvazione” delle autorità dei Paesi di origine dei bambini. Insomma, non c’è alcun reale pericolo di scarsi “controlli”, se questo fosse il timore!

Adozione Internazionale. Il Controllo delle autorità centrali dei Paesi di origine e della CAI

Ma la cosa non stupisce perché ci sono a ben vedere anche altre attività rimaste inspiegabilmente nel potere dei tribunali per i minorenni anche adesso che – dopo la ratifica della Convenzione dell’Aia – il procedimento adottivo di minori stranieri si svolge sotto il controllo delle Autorità Centrali dei Paesi coinvolti.
Naturalmente ogni Paese è stato libero di decidere a chi affidare il ruolo di Autorità Centrale e la Commissione per le Adozioni internazionali è l’autorità amministrativa, collegata alla presidenza del Consiglio dei Ministri, competente per l’Italia. Questa Commissione verifica che le procedure si svolgano nel rispetto delle norme di legge e dei principi fissati a livello internazionale dalla Convenzione, perciò, prima di autorizzare l’ingresso dei minori adottati in Italia al termine delle procedure, la Commissione Adozioni italiana, ad esempio, verifica e certifica l’avvenuto rispetto delle norme della Convenzione e di quelle italiane.

Adozione Internazionale: “il doppio controllo” in Italia

Ebbene, avviene incredibilmente che al termine dell’iter adottivo, una volta che la coppia adottiva entri finalmente in Italia col proprio figlio con tutte le autorizzazioni e i controlli in regola, debba superare un nuovo scoglio: passare nuovamente dal Tribunale per i minorenni per il riconoscimento della sentenza straniera di adozione perché il tribunale deve esaminare i documenti già emessi e validati dalle altre autorità. Si tratta cioè di un doppio controllo rispetto a quelli già fatti dalla Commissione e dagli Enti da questa autorizzati!

E sapete qual è la conseguenza? che finché non viene effettuato questo doppio controllo, i bambini entrati in Italia con una regolare e definitiva sentenza straniera di adozione vengono temporaneamente considerati dall’Italia come se fossero in affidamento familiare, senza cittadinanza e dunque in una condizione giuridica contraria a quella ritenuta dai Paesi di origine in base alla Convenzione internazionale che l’Italia ha ratificato.

Ma perché nel nostro Paese permettiamo che la burocrazia renda difficili questi percorsi a scapito dei diritti umani coinvolti?

Logiche di potere o scarsa fiducia nel lavoro delle autorità amministrative o di altre autorità in procedimenti che, in base ai nuovi equilibri e alle nuove logiche di collaborazione internazionale, sono ormai sotto la competenza dei Paesi di origine dei bambini adottabili?

Nessuno ha la risposta, ma è certo che in questo contraddittorio schema appare evidente la necessità di agevolare, anziché ostacolare, la formazione della famiglia partendo dal rendere l’idoneità alla adozione internazionale quello che è già nella sostanza: una disponibilità da manifestare dinanzi ad autorità amministrative come nella quasi totalità dei Paesi europei (fanno eccezione solo l’Italia e il Belgio), e dunque non più una valutazione di competenza dei tribunali per i minorenni.
Con questo primo passo le coppie potrebbero risparmiale almeno 3 mesi di tempo prezioso per proseguire il loro cammino di accoglienza.

Ufficio Diritti Ai.BI.