Coronavirus e Fase 2. L’allarme del pedagogista Novara: “Permanenza prolungata dei bambini in casa provoca danni seri”

Lanciato un appello al premier Conte per la riapertura delle scuole, che sono “una comunità educante di tipo sociale e non digitale”

Troppo tempo segregati a casa non fa bene a bambini e ragazzi. Per la Fase 2 dell’emergenza Coronavirus, allora, bisogna pensare subito a un piano di riapertura dei plessi scolastici. Lo sostiene il noto pedagogista Daniele Novara, fondatore del CPP, Centro psico pedagogico per la risoluzione e gestione dei conflitti, che nei giorni scorsi ha lanciato un appello al presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte e al ministro della Pubblica istruzione, Lucia Azzolina.

“Per i bambini una permanenza prolungata in casa – ha spiegato Novara, intervistato da Famiglia Cristiana provoca dei danni molto seri della crescita e dello sviluppo. Se un adulto può anche essere messo in stand by, il bambino ha dei processi di crescita e apprendimento che non possono essere congelati o rimandati. Anche se ci sembrano tranquilli perché magari messi davanti a un monitor per ore i bambini possono subire dei danni che meritano la stessa attenzione del piano più propriamente sanitario. Per non parlare poi dei soggetti più disagiai come i disabili o gli autistici. Tenere i bambini in casa per tutta l’ estate sarebbe un atto di crudeltà, sembra quasi che ci sia più attenzione ai cani che all’ infanzia”.

Fase 2 emergenza Coronavirus: bambini  a casa. Soffrono i più piccoli

I bambini che soffrono di più sono quelli che frequentano la scuola materna. “In questa fase a scuola – spiega infatti Novara – si crea l’ attaccamento sociale. Innanzitutto, la sedentarietà rende impossibile lo sviluppo motorio completo che poi in seguito si ripercuoterà sull’acuisizione della lettura e della scrittura. Lo dicevano già la Montessori e Piaget e lo hanno confermato le neuroscienze Altro aspetto fondamentale è che il bambino impara dai compagni. L’interazione sociale crea delle autoregolamentazioni avviando i processi di collaborazione. In gruppo si passa dalla frustrazione alla possibilità di cooperare con gli altri. Infine, senza scuola ci sarà una regressione delle autonomie. Ricevo lettere dei genitori a tal proposito: bambini che tornano nel lettore, che non si lavano da soli a 8 anni… Anche per i gradi successivi di scuola ci sono dei problemi non indifferenti. La didattica a distanza può essere abbastanza sostenibile dagli adolescenti non certo dai bambini. E anche gli adolescenti risentono pesantemente della mancanza di relazioni sociali, di movimento. La scuola è una comunità educante di tipo sociale e non digitale”.