Il Manifesto ‘Oltre la Crisi’? La fiera della faciloneria

Luigi scrive:

Ricordiamoci che l’adozione è fare l’interesse del bambino, ed è vero che ogni bambino ha diritto a una famiglia; ma non è “obbligatorio” che ogni famiglia abbia un bambino. Stiamo parlando di bambini che hanno già subito un trauma, la faciloneria voluta dal Manifesto potrebbe crearne di nuovi. Qualcuno deve pur prendersi la responsabilità di impedire a una famiglia di adottare un bambino. E questo qualcuno non sempre è il tanto temuto Tribunale per i minorenni, a volte sono anche gli enti che rifiutano le coppie e a volte sono i paesi stranieri a non accettare gli abbinamenti.


Caro Luigi,

l’adozione è un atto che deve avvenire nel solo interesse del bambino, lo sosteniamo da sempre. Il senso delle proposte di Ai.Bi., riassunto nel motto “non più selezione ma accompagnamento”, non è quello di sancire il diritto di ogni famiglia ad avere un figlio, ma – tra gli altri – quello evitare che determinati soggetti, che non conoscono sufficientemente la realtà delle adozioni internazionali, “impediscano a una famiglia di adottare” – per utilizzare un’espressione da Lei stesso utilizzata.

Rispetto al percorso che fanno le coppie disponibili all’adozione, il Manifesto di Ai.Bi. esprime il bisogno di una vera formazione con un percorso congiunto fra Enti e Servizi, un percorso che sia uniforme su tutto il territorio e di durata massima prestabilita.

Se gli Enti, come Lei dice, a volte “rifiutano le coppie”, è perché le coppie oggi, quando hanno il decreto di idoneità in mano, non sanno ancora nulla dell’adozione internazionale, ma credono di avere una “patente”. Quindi non sono state adeguatamente preparate.

La formazione va fatta prima di dichiarare che la coppia è idonea: le stesse coppie disponibili, ricevendo una formazione seria fatta anche di incontri con genitori adottivi disposti a condividere la loro esperienza, una volta acquisita piena cognizione del valore unicamente altruistico dell’adozione, potranno comprendere esse stesse, insieme ai servizi, se sono o meno in grado di affrontare l’adozione.

Ma certamente “impedire di adottare” non può né deve essere l’obiettivo dei Servizi e degli Enti autorizzati. I minori adottabili ci sono e sono tanti e l’ottica della selezione è nemica del loro bisogno di essere accolti. Quello che serve è prima di tutto un cambiamento culturale, e mi scusi se lo dico, la sua lettera lo conferma.

Ricordo infine, caro Luigi, che il ruolo dei Paesi stranieri non è quello di “accettare o non accettare gli abbinamenti” ma anzi sono essi stessi che propongono gli abbinamenti fra minori e coppie straniere. Su questo punto, lei si riferisce forse al fatto che le coppie che vogliono adottare un minore straniero devono sottostare anche a requisiti stabiliti dalla legge straniera e al fatto che l’autorità estera può, sulla base di questi requisiti, a sua volta approvare o meno le coppie e, anche dopo l’ abbinamento, può decidere se dare o meno in adozione un minore ad una certa coppia anche in base all’andamento del periodo di affiatamento. E’ evidente che questo aspetto è distinto dalla formazione iniziale delle coppie adottanti e non può assolutamente essere cambiato.

Avv. Enrica Dato, Ufficio Diritti di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini