La Francia non è un modello da imitare (Gosso) e infatti la nostra proposta va ben oltre (Griffini)

Proseguiamo con il dibattito fra Piergiorgio Gosso, ex presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione, e Marco Griffini, presidente di Ai.Bi., sul Manifesto “Oltre la Crisi”, lanciato dall’Associazione per proporre una riforma delle legge sulle adozioni internazionali e duramente criticato dal Dott. Gosso in un documento del 9 agosto 2012 inviato tramite l’Associazione ANFAA.

Piergiorgio Gosso: “Un esempio di “idoneità amministrativa” nel campo adozionale ci viene dalla vicina Francia, verso il cui sistema l’Ai.Bi. non nasconde il proprio apprezzamento, tanto da proporne l’imitazione per quanto riguarda l’assetto da attribuire all’Autorità Centrale per l’Adozione Internazionale. (…) La durata media del percorso adottivo dura, al minimo, tre anni. (..) Come ognuno vede, i tempi della procedura francese non sono certo più veloci di quelli del nostro Paese (ove la durata media di una pratica supera di poco i due anni). Non soltanto, ma gli stessi possono dilatarsi oltre misura qualora il candidato ottenga un diniego da parte del consiglio generale del dipartimento, poiché il ciclo completo dei ricorsi amministrativi prende inevitabilmente parecchi anni.”

Marco Griffini: “Il dato da Lei riportato sulla procedura adottiva in Francia è palesemente inattendibile: la durata media non può infatti durare “al minimo”, si tratta di una frase priva di senso. In ogni caso, va detto a gran voce che non è vero che la procedura dell’adozione internazionale in Italia duri solo due anni. Per capire quale sia la reale durata della procedura adottiva oggi, durata che il Dott. Gosso individua nella media di due anni inclusa la fase dell’ottenimento dell’idoneità, è essenziale interpellare chi quelle procedure le ha percorse, attraversate e vissute in prima persona. E per questo prego lo stesso Dott. Gosso di verificare il dato sul campo chiedendo alle coppie adottive, così come ha fatto Ai.Bi., quale sia la vera durata dell’iter.”

Piergiorgio Gosso: “Ma dove le cose, in Francia, e non soltanto da oggi, vanno decisamente male è proprio sul piano del rilascio della dichiarazione di idoneità all’adozione (l’agrément). Incaricato nell’ottobre del 2007 dall’allora presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy – vista la caduta libera delle adozioni internazionali – di condurre una ricerca sul funzionamento dei servizi pubblici del settore, il 19 marzo 2008 un intellettuale di prestigio, Jean-Marie Colombani, già direttore del quotidiano Le Monde (nonché genitore adottivo), presentava un corposo e estremamente articolato Rapport sur l’adoption (349 pagine), redatto in collaborazione con uno staff di esperti di alto profilo, nel quale si concludeva senza mezzi termini che in Francia l’adozione internazionale, amministrata in maniera poco trasparente e con scarsa efficacia, necessitava al più presto di essere inserita in un quadro etico, chiaro, visibile e condiviso ed era ripetutamente posto l’accento sull’insoddisfacente valutazione dei candidati, caratterizzata da una preoccupante mancanza di selettività: “Tutto, in questo settore, a partire dall’Agenzia francese per l’adozione, funziona come se il sistema francese fosse fondato sull’esistenza di un «diritto al figlio»”. Che non si trattasse di un’isolata diagnosi pessimistica lo dimostrano le immediate reazioni delle ministre dell’epoca (Rama Yade ai diritti umani e Nadine Morano alla famiglia), dichiaratesi pronte a porre mano a una riforma, i commenti favorevoli dell’ambasciatore incaricato dell’adozione internazionale (l’omologo del presidente della nostra CAI), e soprattutto il fatto che le proposte contenute nel Rapport erano puntualmente recepite dal Conseil Supérieur de l’Adoption (CSA), organo consultivo ufficiale del ministro della famiglia, che in un suo documento dell’11 gennaio 2011 raccomandava che il rilascio dell’idoneità – da concepirsi non più come il riconoscimento di una capacità ad adottare in abstracto, ma come una risposta concreta ai bisogni e all’interesse di ogni singolo minore – fosse preceduto da una rigorosa valutazione socio-educativa e psicologica dei candidati. Sembra dunque, a chi scrive, che spostare nell’ambito dei soli servizi sociali le decisioni sull’idoneità dei candidati determinerebbe un irragionevole e immotivato impoverimento culturale dell’intera procedura: tra l’altro, se questo dovesse accadere, ne uscirebbero pesantemente diminuite le garanzie oggi previste sia a tutela dei minori che degli stessi aspiranti all’adozione, in quanto al filtro rappresentato dal controllo di un giudice specializzato (in doverosa sinergia, come sopra si è detto, con i servizi socio assistenziali e con gli organismi accreditati) subentrerebbe, tutt’al più – in sede contenziosa – una logorante fase davanti alla giustizia amministrativa (che non dispone di alcuna specializzazione in materia). Sostenere, quindi, che l’idoneità amministrativa ridurrebbe i tempi e i costi delle pratiche appare, nel contesto italiano, affermazione priva di valide giustificazioni, come dimostra l’esperienza francese (…)”.

Marco Griffini: Rincresce dover ricordare al Dott. Gosso quello che fu l’iter della Francia rispetto al nuovo assetto organizzativo nella materia. Il rapporto Colombani del 2008 con cui, su incarico del presidente della Repubblica Francese, è stata analizzata la situazione delle adozioni internazionali in Francia, è stato proprio la base della riorganizzazione dell’autorità centrale francese realizzata nel 2009. Si tratta dunque di un rapporto precedente e non successivo alla decisione di modificare l’assetto dell’autorità centrale francese, essendo stato commissionato proprio con l’idea di verificare come potesse essere migliorato il sistema. Sulla base di quel rapporto la Francia ha deciso di inserire l’adozione tra i campi delle grandi politiche pubbliche e di renderla oggetto di un piano d’azione interministeriale dando il via alla riforma che ha condotto all’assetto attuale dell’autorità centrale francese che è diretta da un Ambasciatore.

Ai.Bi., comunque, ha fatto riferimento all’esperienza francese solo per quanto la Francia fa all’estero. Infatti, con il supporto che Consolati e Ambasciate forniscono alle coppie per gli adempimenti necessari all’ingresso del minore nel Paese si evita ciò che avviene, invece, alle coppie italiane (ad esempio, in Brasile dove si aspetta per giorni e giorni il visto oppure in Kenia dove l’attesa è di settimane). Nella proposta, quindi, Ai.Bi. è andata ben oltre quello che fa la Francia avendo incluso una riforma dell’iter estesa anche alla formazione, che dovrà precedere l’ottenimento dell’idoneità, e all’accompagnamento per tutto il percorso (quindi non valutazione né selezione).