La storia di mamma Chiara: abbandonata, adottata, due bambini “fatti in casa”, idoneità negata… “Ora, finalmente, parto per la Cina”

Chiara_Tutti insieme al mare (3)A volte sembra che ci sia una sola parola capace di fare da filo conduttore di una vita intera. È così, per esempio, per Chiara Secchi: nel suo caso, la parola “magica” è “dono”. Quella di Chiara, adottata 31 anni fa pochi giorni dopo la sua nascita in un ospedale in provincia di Milano, è una storia che dimostra come rinascere figlia sia stata una condizione in grado di generare un amore contagioso. “Con l’adozione sono stata dono per i miei genitori, che così hanno realizzato il sogno di una famiglia – racconta Chiara -. Loro sono stati un dono per me, offrendomi la famiglia. E adesso anche io e mio marito possiamo essere dono per Shan”.

Shan è il bambino di 2 anni che Chiara e Lorenzo andranno a prendere a settembre dalla casa di accoglienza di Xi’An, in Cina. Per ora lo hanno visto solo in foto, ma per loro è già a tutti gli effetti il terzo figlio. In Italia, infatti, Shan – il cui nome è l’equivalente di Emanuele, che significa “Dio è con noi” – troverà un fratellino, Pietro di 8 anni, e una sorellina, Emma di 4, figli biologici della coppia. Che lo aspettano con ansia e ancora oggi, a pochi giorni ormai dalla partenza per la Cina, chiedono con insistenza informazioni sull’arrivo del fratellino lontano.

Il senso della decisione di Chiara e Lorenzo di adottare, pur avendo già due bambini, sta tutto in questa frase di lei: “Da figlia vedo il dono dell’adozione come un cerchio che continua ad aprirsi e chiudersi, un atto totale di apertura e amore che da frutto. Per questo, Chiara ha anche voluto condividere la sua storia e le sue emozioni di mamma adottiva in attesa, per #iosonoundono, la campagna di Amici dei Bambini per la promozione della bellezza dell’adozione internazionale.

Il desiderio di adottare, per Chiara e Lorenzo, non è una novità recente, ma è sorto prima del matrimonio. “Sapevamo che prima o poi avremmo adottato un bambino – racconta lei, di professione insegnante di sostegno -: ci avevamo provato 5 anni fa, ma all’epoca non riuscimmo a ottenere l’idoneità. Così siamo ripartiti alla carica l’anno scorso e dopo una quindicina di incontri con i Servizi sociali, a dicembre, siamo finalmente tornati a casa con il decreto in mano”.

Insomma, il desiderio di accoglienza è stato più forte di tutto: anche del primo fallito tentativo di ottenere l’idoneità e dell’elevato numero di incontri. “Malgrado tutto, sono stati incontri positivi – spiega la giovane mamma -. Durante il primo percorso di preparazione, gli operatori si erano concentrati su mio marito, pensando che fosse compiacente verso un desiderio di adozione ritenuto più mio che suo. Nel secondo, altri psicologi e assistenti sociali hanno concentrato invece l’attenzione su di me. Hanno voluto approfondire il mio passato, le origini, i miei sentimenti quando, a 12 anni, i miei genitori adottarono mio fratello. In sintesi, era difficile per loro capire il desiderio, mio e di coppia, di accogliere un bambino abbandonato così come mia madre e mio padre fecero con me”.

Oggi le valigie sono quasi pronte. Ma prima ancora di partire, Chiara e Lorenzo hanno inviato un piccolo dono al loro figlio in attesa: una palla e una maglietta con l’immagine stampata della famiglia che tiene in mano la stessa palla. “L’adozione implica accoglienza e disponibilità verso gli altri – conclude Chiara -: da quando ho la mia famiglia è bello sentirsi dono per tuo marito e, insieme a lui, dono per i nostri figli che vogliamo crescere con i valori di una famiglia aperta all’accoglienza”.