L’abbandono di fatto non è quello giuridico: a volte e’ peggio!

Brigida scrive:

La sensazione di precarietà provata dai bambini in uno stato di latente abbandono, è tangibile nella loro quotidiana angoscia;  sofferenza che io e mio marito abbiamo visto nei loro occhi e ascoltato con i nostri orecchi.

Esistono tante forme di abbandono, alcune molto spesso non riconosciute, ma che lasciano nei bambini (che diventeranno poi persone adulte) delle ferite profonde.

Questi bambini non sono (solo) disagiati, sono abbandonati e lo sono ogni volta che i genitori (che li hanno generati) non li chiamano, non si presentano agli incontri stabiliti dai Servizi, non si interessano dei figli.

Questo si può chiamare disagio?

Proviamo ad immaginare di essere uno di questi bambini … come ci sentiremmo? Immaginiamo di essere uno di loro e di non poter essere come tutti gli altri bambini con una mamma e un papà accanto, ma in una famiglia che, per quanto la ami, non è la sua famiglia definitiva.

Stiamo parlando di bambini che molto spesso non hanno possibilità di rientro nella propria famiglia d’origine e non perché sussista nel proprio contesto famigliare (solo) un disagio, ma per una totale mancanza di competenze genitoriali.

A questi bambini vogliamo dare una famiglia per sempre o vogliamo tenerli in affido per tutta la vita perché è meglio negare l’evidenza?

Per questo penso che Ai.Bi. sia un ente serio che lotta quotidianamente contro l’abbandono ed è per questo che ho sottoscritto il manifesto di Ai.Bi. e invito  tutti a farlo, perché un giorno si possa dire insieme “abbiamo vinto la guerra!”

Cara Brigida,

hai assolutamente ragione: non si possono classificare i gradi di abbandono.

Ti è mai capitato di andare a prendere il tuo bambino a scuola e incrociare lo sguardo di un compagno la cui mamma per qualsiasi validissimo motivo, il lavoro o il traffico …, è in ritardo rispetto all’orario d’uscita? A me sì e la cosa che spontaneamente mi è venuta da fare è stata prendere con me quel bimbo, cercare di rasserenarlo e sospendere il suo stato d’ansia fino all’arrivo della sua mamma accolta poi con un grande sorriso dal figlio. Qualsiasi genitore lo farebbe e desidererebbe che altri, nella necessità, lo facessero col proprio figlio. Forse quel bambino il giorno seguente, avrà temuto che la mamma non ci fosse ancora all’uscita di scuola e forse ci sarà voluto tempo e impegno da parte della sua mamma perché tornasse a fidarsi.

Da adulti che hanno provato, insieme a bambini accolti in affido, questo senso di vuoto che le disattenzioni, grandi o piccole, di un genitore suscitano nel figlio, possiamo solo cercare di sconfiggere questo male.

Ciò non significa “togliere i bambini” ad ogni genitore in difficoltà, significa sospendere lo stato d’abbandono provocato dal disagio degli adulti accogliendolo in affido per permettere alla famiglia di riprendersi: un bambino non può e non deve farsi carico dei problemi dei genitori.

Ma significa anche tenere sempre presente che un bambino non può aspettare per un tempo indeterminato di potersi riunire alla propria famiglia.

Come tu dici, purtroppo le forme di abbandono non riconosciute o definite semplicemente “disagio” sono quelle che fanno sì che quei figli diventino adulti fragili, genitori trascuranti. Bisogna prevenire tutto questo investendo sulle famiglie e valorizzandole attraverso un maggior coinvolgimento delle associazioni familiari nella gestione degli affidi; bisogna riportare l’accoglienza familiare alla temporaneità utilizzando tutte le forme di accoglienza possibili, dalle poche ore degli affidi part time a quelli residenziali a tempo pieno.

L’affido è una forma di prevenzione all’abbandono definitivo, non è il superamento dell’abbandono. AiBi è impegnata su questo fronte e non smetterà di lottare perché ad ogni bambino venga riconosciuto il diritto a vivere in una famiglia a cui appartenere in qualità di figlio.

Mi sorge una domanda, ma se anche tutti i bambini il cui stato di abbandono è nascosto da belle case, giochi e viaggi, si prendessero per mano quanti giri di equatore riusciremmo a fare? Aiutiamo tutti questi bambini, sosteniamo le famiglie. Aiutiamoci tra famiglie.

Grazie Brigida, per il tuo impegno in questa lotta.