L’affido è vivere una tragedia da soli

L’affido, solo il modo per farti perdere tuo figlio, il figlio che amavi tanto ,tanto da rischiare la vita per averlo? (8 aborti spontanei, 7 raschiamenti, pericolosa emorragia, gravi problemi con l’anestesia)

L’affido, solo il modo per distruggere la tua famiglia a cui tu tenevi tanto?

L’affido, solo il modo per farti sopportare umiliazioni, sofferenze indescrivibili? L’affido, solo il modo per toglierti serenità e gioia di vivere?

L’affido, solo una vicenda fatta di ingiustizie, cattiverie e disumanità e che finisce per essere solo una brutta vicenda giudiziaria che ti porta dentro e fuori dai tribunali per reclamare diritti ?

L’affido, un castigo?

L’affido, vivere una prigionia?

L’affido porta a farti perdere la dignità come persona, come genitore? L’affido ti fa vivere come una “diversa” ?

Se l’affido è questo, meglio cancellare dalla faccia della terra la parola AFFIDO FAMILIARE !!! Comunque l’affido per noi è questo da 3 anni!!!

E’ vivere una tragedia da soli!!

C’è da morire!!!!

E ci auguriamo che nessuno debba morire per un figlio” rubato”, solo perché un giorno alla tua porta bussa la malattia (cancro con chemioterapia che ti porta una brutta depressione) ed essere malato una colpa!!!

Due genitori disperati per un figlio negato ingiustamente.

 

cristina riccardiL’affido non è questo, o meglio: l’affido non dovrebbe essere questo. Cancelliamo dalla faccia della terra la parola affido. Parliamo di “accoglienza familiare temporanea” di un bimbo da parte di una famiglia che vuole mettersi a disposizione di un’altra famiglia in difficoltà.

Perché in realtà l’affido è accoglienza di un bambino e, in modo indiretto, della sua mamma e del suo papà a cui si desidera dare una speranza, una possibilità. Non è giudizio, ma una mano tesa; non è voler umiliare, ma voler condividere; non è voler far sentire diverso il genitore che non ce la fa, ma è riconoscere in lui anche le proprie difficoltà nel crescere un figlio, nella consapevolezza di non essersi mai sentiti soli, anche nei momenti più bui.

L’accoglienza familiare temporanea non vuole far sentire solo nessuno, né il bambino accolto né la sua famiglia.

Queste sono le motivazioni che muovono le famiglie a diventare affidatarie.

Quando l’affido diventa  una vicenda fatta di ingiustizie, cattiverie e disumanità e che finisce per essere solo una brutta vicenda giudiziaria che ti porta dentro e fuori dai tribunali per reclamare diritti significa che il sistema non funziona; significa che le risorse delle famiglie in difficoltà e delle famiglie che sono disponibili all’accoglienza non sono valorizzate nel giusto modo, ma sono usate dai servizi per trovare una veloce soluzione ad un grave disagio senza porsi il problema del dopo. Qualcosa deve cambiare. L’accoglienza familiare temporanea dovrà prevenire i disagi senza soluzione, così che l’allontanamento del figlia dalla famiglia sia realmente temporaneo. Le famiglie devono contare di più, perché i problemi delle famiglie possono e devono essere risolti tra famiglie che riconoscono i propri bisogni e le proprie potenzialità. Operatori consapevoli di questo potrebbero essere la chiave per una svolta dall’affido all’accoglienza familiare temporanea.

Se l’affido fosse un gesto d’aiuto tempestivo, attento, competente, umano, non toglierebbe speranza a nessuno, men che meno ai bambini che si vedono allontanare dalla propria famiglia. Le famiglie di questi bambini non arriverebbero alla disperazione.

L’accoglienza familiare temporanea non è una tragedia, ma un profondo gesto di solidarietà tra adulti per il bene assoluto di un bambino. E tra questi adulti ci dovrebbero essere giudici, assistenti sociali ed operatori in genere.

Ma il bene di quel bambino è legato in modo inscindibile alla forza che la sua famiglia d’origine troverà per risollevarsi. Diversa? Forse sì, perché dovrà saper accettare l’aiuto che le verrà dato con l’umiltà di chi ama infinitamente più di se stessa il proprio figlio, riconoscendo di non essere sola. Ma in questo c’è un di più. Questo di più, purtroppo, non è da tutti.

Cristina Riccardi