Non è giusto che i genitori adottivi paghino la superficialità e l’impreparazione degli enti!

Paola scrive:

Cara Alice come dici tu è bruttissimo rinunciare a un figlio ammalato, ma bisogna provarlo sulla propria pelle. Noi avevamo detto no ai casi speciali (per vari motivi) ma abbiamo comunque accolto la scheda di un bimbo difficile con immensa gioia. Ma arrivati in Colombia ci siamo accorti, già dal primo giorno, di una grave malattia che chiunque avrebbe potuto diagnosticare al bambino soltanto mettendo una mano sul suo cuoricino. Avevamo allertato mezzo mondo per farlo operare in Italia ma non era in grado neanche di affrontare il viaggio: sarebbe morto dopo pochi giorni. Cosa avresti fatto Alice dopo tanti anni di attesa, avresti sepolto tuo figlio dopo pochi giorni in Colombia o all’arrivo in Italia?I genitori adottivi non sono un Ente di cura sono genitori e non è giusto che paghino le conseguenze di superficialità, impreparazione degli stessi Enti. L’ICBF ha bloccato l’abbinamento ma solo dopo 20 giorni perché nel frattempo avevamo fatto tutti gli accertamenti possibili e immaginabili in Colombia. Abbiamo scoperto la sua malattia e l’ICBF ci ha ringraziato per questo. Abbiamo provato un dolore immenso. Solo grazie ai funzionari dell’ ICBF abbiamo avuto un altro abbinamento in loco. Dall’Italia nulla, solo il terrore che avremmo potuto denunciarli. Per quel che riguarda il confronto tra genitorialità naturale e adottiva, Ai.Bi. dice che dovremmo pretendere, ma i genitori naturali nei loro 9 mesi di attesa non hanno il diritto di fare esami, morfologiche etc.!! In ogni caso anche nelle mitiche e tanto speciali relazioni che inviate dalla Colombia, c’erano una moltitudine di errori e imprecisioni. Una mamma felice della sua splendida bimba ma con il cuore ancora lacerato per quello che è successo!

Da mamma a mamma mi felicito con lei per la sua adozione e mi stringo al suo dolore per quel figlio mancato. Da addetta ai lavori sarei anche curiosa di sapere quale è stata la sorte di quel bimbo. Se da un lato è fuori di dubbio che il nostro operato, toccando una della sfere più importanti e intime della vita familiare, quello della genitorialità, deve essere rigoroso, appassionato, competente, è altrettanto fuori di dubbio che l’ente è tenuto a rispettare procedure e prassi straniere…Paese che vai usi che trovi!. Pur avendo fatto, in questi ultimi anni, passi da gigante nella completezza dei dossier sui minori, come nei possibili ulteriori accertamenti medici in loco, non sempre le informazioni a disposizione sono complete e l’Ente poco ci può fare.

L’adozione internazionale con i suoi bimbi si è evoluta nel tempo rivolgendosi sempre a più bambini grandicelli o bisognosi di cure mediche.

Fatta questa lunga premessa e ribadendo la necessità, anzi l’obbligo, da parte degli Enti di garantire qualità e competenza, aggiungo anche che uno dei nostri compiti più importanti è quello di accompagnare la coppia nel cammino adottivo preparandola specificatamente a questi “angeli” e supportandola nella valorizzazione delle proprie capacità genitoriali. Insomma, fare quello che meglio noi Enti sappiamo e dobbiamo fare: aiutare le coppie a diventare genitori.

Un caro saluto

Irene Bertuzzi, area Formazione e Accompagnamento di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini