Operatori SsD da tutto il mondo. “Sapete qual è il simbolo del nostro lavoro?”

operatori_ssd_gruppoGrande emozione a Gabicce all’apertura del quarto giorno di lavori. La giornata è dedicata al Sostegno a Distanza e sul palco si avvicendano gli operatori dei Paesi. Sono arrivati la sera prima, alcuni la notte, molti si conoscono qui per la prima volta. Eppure “non mi sono mai sentito così vicino, legato e subito amico con una persona che ho incontrato solo poche ore fa”, dice Alaa, operatore SaD Marocco, guardando Oscar, il coordinatore dei progetti di Goma, RDC. “E’ talmente bello trovare qualcuno che lotta per i tuoi stessi obiettivi, a chilometri di distanza. Non mi sentirò mai più solo a combattere”. Lo dice con un leggero fremito nella voce. Lo stesso che si sente nel bell’accento brasiliano di Monalisa, coordinatrice del progetto di Campo Formoso, quando dice: “Il vento chiuso in una bottiglia non serve a far volare gli aquiloni e neanche accarezza i capelli… Lasciamo l’aria dell’accoglienza libera di circolare, facciamola entrare nelle nostre case”.

Anahi, Monalisa, Rolando, Rudina, Gideon, Oscar, Alaa, Chanmonix: ciascuno ha la sua storia da raccontare, la fatica della povertà, della guerra, dell’abbandono, della solitudine, della lotta quotidiana contro l’indifferenza. Ma anche la quantità di sorrisi, ricongiungimenti familiari, lettere e progetti di vita portati a buon fine per tanti bambini.

Sono arrivati ognuno con un video, girato nel suo Paese: pochi minuti di immagini, per far capire che cosa significa, concretamente lavorare “sul territorio” per le famiglie e per i minori abbandonati (li trovate pubblicati in questo sito, da Ai.Bi. Tv).

Un viaggio intorno al mondo di Amici dei Bambini, nel cuore pulsante delle attività che si riescono a realizzare grazie dal Sostegno a Distanza: dalla Bolivia al Brasile, dal Perù al Kosovo, dalla Repubblica Democratica del Congo al Ghana, dal Marocco alla Cambogia.

Chiediamo agli otto operatori di fare una foto di gruppo e Chanmonix propone: “Dobbiamo far capire che cosa abbiamo in comune. Facciamo tutti lo stesso lavoro in Paesi completamente diversi. C’è però un obiettivo che condividiamo…”.

“Salvare i bambini abbandonati!”, dice Anahi.

“Il loro sorriso”, dice Rudina.

“Riportarli a casa”, dice Gideon.

“Non vederli mai più soli”, dice Alaa

“Non lasciarli più con la pancia vuota”, dice Oscar

“Regalargli un futuro”, dice Rolando

E’ Monalisa che trova l’idea per esprimere tutto questo in una sola immagine: fa un gesto che tutti capiscono, anche se parlano lingue diverse.

A quel punto Chanmonix organizza la foto di gruppo.

Adesso sono pronti, tutti e otto, seduti a formare una “catena umana” che ha una forma inequivocabile: un unico cuore!