Perché Ai.Bi. non è favorevole all’adozione dopo i 24 mesi di affido?

Non mi è chiara la posizione di Ai.Bi. L’interesse del bambino non è quello di avere il prima possibile una situazione affettiva stabile, che in prima istanza dovrebbe essere la famiglia di origine, e qualora non possibile, dovrebbe essere la famiglia affidataria?

Allora perchè non permettere l’adozione dopo i 24 mesi di affido? Forse questo spingerebbe tribunali e servizi sociali a cercare davvero soluzioni vere prima dei 24 mesi suddetti.
Potreste spiegare meglio le vostre ragioni? Quali sono i rischi connessi alla modifica proposta all’art.44 della 184/1983?

Con stima

Franco 

riccardi

Gentile Franco,

quando necessario, per il benessere del bambino, la legge184/83 nell’art. 44 non esclude che la famiglia affidataria diventi adottiva del bimbo accolto in affido.

Anche il Tavolo Nazionale Affido afferma nel documento “La Tutela Della Continuità degli Affetti dei Minori Affidati”, consultabile sul sito www.tavolonazionaleaffido.it,  che  “quando viene dichiarato adottabile un minore affidato dai servizi sociali o dal Tribunale per i Minorenni, la tutela della continuità degli affetti, nell’interesse del minore, può comportare anche l’adozione legittimante da parte degli stessi affidatari, purché siano rispettate le seguenti condizioni:

 

–        che il rapporto creatosi tra il minore e gli affidatari sia significativo, stabile, duraturo.

–        che gli affidatari siano disponibili ad adottarlo (occorre sostenere il delicato discernimento che gli affidatari sono chiamati a fare, rifuggendo ogni pressione che ne condizioni la scelta);

–        che gli affidatari siano in possesso dei requisiti per l’adozione.”

Con tutte le dovute cautele indicate dal Tavolo, il passaggio da affido ad adozione è possibile anche nel rispetto della tutela degli affetti a cui si appella il DDL 1209 per invocare la modifica della legge.

Non siamo quindi di fronte alla richiesta di affermare un diritto dei minori, ma siamo di fronte alla richiesta di rendere meno chiari i confini tra affido ad adozione, cosa che risulterebbe dannosa per la tutela del diritto alla famiglia di ogni bambino e aprirebbe ancor più la porta a molte famiglie che spaventate dall’adozione, o bloccate nel percorso adottivo, o ancora non aventi i requisiti,  si dichiarerebbero disponibili all’affido come scorciatoia o strada alternativa all’adozione.

Questa richiesta di modifica nasce dalla constatazione che ormai la maggior parte degli affidi durano ben più dei 2 anni previsti dalla normativa, cosa che bene non fa ai bambini.

Ma il problema non deve risolversi cercando una giustificazione ad una prassi che non trova riscontro nella normativa, ma cercando di applicare realmente quanto la legge si prefigge: un allontanamento realmente temporaneo del bimbo dalla sua famiglia d’origine per permettere a questa, adeguatamente supportata, di tornare ad essere sufficientemente buona per i propri figli.

Già ora la pratica diffusa degli affidi sine die genera confusione: molte coppie pensano che un affido sine die corrisponda praticamente ad una adozione. Nulla di più spagliato, prima di tutto dal punto di vista legale, ma non di meno dal punto di vista emotivo, affettivo e psicologico sia per il minore che per la coppia accogliente. Anche questa rischia di “farsi molto male” se confonde l’accoglienza affidataria con quella adottiva!

L’affido è un intervento, per sua natura, temporaneo e tale deve tornare ad essere.

Tutti i protagonisti (famiglia affidataria compresa) devono cercare di raggiungere l’obiettivo del rientro del bimbo nella sua famiglia. Qualora ciò non sia possibile, sarà compito e responsabilità del Tribunale per i Minorenni decretarne l’adottabilità e decidere quale sia la miglior famiglia per quel bambino. Ma senza scorciatoie, con il solo vincolo dettato dal bene del bambino.

Affido e adozione sono due istituti tutelanti i minori, ma volutamente ben diversi fra loro.

Sarebbe un grave errore scendere a compromessi per mettere una pezza all’incapacità di gestire veri progetti di accoglienza familiare temporanea. Soprattutto se ciò accadesse invocando il bene dei bambini e a loro spese.

Cristina Riccardi

Membro del Consiglio Direttivo di Ai.Bi. e referente politica per il settore affido