Quel vuoto si riempirà solo quando avrà la certezza di tornare ad essere figlio!

Beatrice scrive:

La speranza di riuscire a far comprendere alle istituzioni che è importante rispettare la temporalità in un affido non deve mai venir meno.

Sono una mamma affidataria e quando guardo quel mio figlio accolto vedo un bambino affamato di amore, che tuttavia non sembra mai bastargli, perché non riesce a colmare quel vuoto che come una voragine risucchia tutto. Quel vuoto potrà riempirsi solo quando avrà la certezza di poter ritornare ad essere figlio amato e considerato, con dei genitori solo per lui, due persone che gli stanno accanto nella quotidianità e che può chiamare “mamma” e “papà”. Prolungare un affido oltre il tempo consentito vuol dire mettere il bambino in una situazione di incertezza, di attesa perenne (è una vera e propria spada di Damocle) che è ingiusta e immeritata.

I servizi dovrebbero utilizzare l’affido non come rimedio dell’ultima ora quando ormai la situazione diviene irrecuperabile, ma come forma preventiva, progettando un intervento sulle famiglie di origine che sia concreto, definito, rispettato e che punti al recupero, se è possibile.

Certo è giusto che alla famiglia d’origine sia data la possibilità di fare un percorso, ma ci deve essere impegno da parte delle stesse e la dimostrazione di voler recuperare le proprie competenze genitoriali. Se questo non avviene allora via…il bambino deve avere l’opportunità di ricominciare. Invece, mi rattrista dirlo, è più importante il legame di sangue, sono più importanti gli adulti che spesso non hanno voglia (molto spesso per stupido orgoglio e totale indifferenza) di fare un percorso riabilitativo e si creano situazioni assurde, dove è il bambino ad attendere l’adulto…e intanto il bambino cresce.

Diamo un taglio a queste situazioni o tra un po’ di anni ci saranno sempre più disadattati. I Servizi Sociali siano responsabili, facciano il loro lavoro, si assumano anche la responsabilità di prendere decisioni importanti e tutelanti verso i bambini…insomma facciano il lavoro per cui sono pagati, facciano progetti e li facciano rispettare.

Si dice che le adozioni nazionali siano poche perché non ci sono bambini adottabili…ma siamo proprio sicuri che sia così? Perché invece mi risulta che ci siano molti bambini, troppi, nelle comunità educative o fuori famiglia per troppo tempo e spesso fino alla maggiore età! Stento a credere che tutti questi bambini non siano adottabili.

Scusate lo sfogo.

Una mamma affidataria un po’ arrabbiata.

Cara Beatrice, hai perfettamente ragione ed è assolutamente comprensibile il tuo sfogo. La tua rabbia nasce non da una tecnica analisi della situazione, ma dalle emozioni, dalle frustrazioni e dal senso di precarietà che molti genitori affidatari, come te, vivono attraverso i piccoli accolti. Tutto ciò che dici non può che essere condivisibile.

Oltre al riconoscere di aver ricevuto in dono molto e al desiderio di poter ridonare parte di quanto ricevuto, il senso di responsabilità per ogni bambino fuori famiglia è tra le più forti motivazioni che spingono un adulto ad aprirsi all’affido. Troppo spesso non si riscontra questa stessa passione in quanti invece hanno scelto di mettersi professionalmente al servizio di questi bambini. Credo che ciò non possa che generare rabbia. Non desideriamo forse il meglio per i nostri figli? Ma allora di chi sono figli questi bambini che non possono chiamare “mamma” e “papà” due persone che gli stanno accanto nella quotidianità e che li amano come se lo fossero pur sapendo di non esserlo?

L’affido è prevenzione all’abbandono; l’affido è un investimento i cui frutti si incasseranno quando il bambino affidato uscirà definitivamente dal sistema di tutela e non sarà poi a carico dei servizi sociali come adulto.

L’affido è fiducia nella possibilità di cambiamento, di benessere, è speranza di salvezza. Che senso ha proporre un progetto d’affido senza la convinzione che la famiglia in difficoltà possa superare il proprio disagio? E se ci si crede perché non aiutarla concretamente?

E’ un problema culturale, ma non solo. E’ triste dire che purtroppo la mancanza di risorse economiche ed umane a disposizione dei servizi sociali sono un ulteriore motivo del trascinarsi degli affidi oltre il tempo strettamente necessario. Occorrono nuove risorse che alimentino il sistema affido generando un circolo virtuoso. Queste risorse sono le famiglie stesse. Occorre una maggior responsabilizzazione e partecipazione nella gestione dell’affido delle associazioni famigliari che oltre alla professionalità portano con sé quelle emozioni e quelle esperienze che tu hai ben espresso.

Cristina Riccardi, membro del Consiglio direttivo con delega politica all’affido familiare di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini