Sentenza straniera di adozione: “il tribunale italiano deve sempre controllarla” (Gosso), “ma esiste una Autorità Centrale che già lo fa” (Griffini)

Proseguiamo con il dibattito fra Pier Giorgio Gosso, ex presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione, e Marco Griffini, presidente di Ai.Bi., sul Manifesto “Oltre la Crisi”, lanciato dall’Associazione per proporre una riforma della legge sulle adozioni internazionali e duramente criticato dal Dott. Gosso in un documento del 9 agosto 2012 inviato tramite l’Associazione ANFAA. Ecco il dibattito sulla proposta di Ai.Bi. di rendere automaticamente riconoscibile la sentenza stranera di adozione per evitare i danni che derivano ai minori dal ritardo della delibazione.

Mentre in molti Paesi europei il minore adottato acquista la cittadinanza dei nuovi genitori immediatamente all’atto dell’adozione, in Italia si deve aspettare che il Tribunale verifichi la sentenza straniera e ne ordini la trascrizione nei registri dello stato civile. Questa situazione danneggia alcuni Enti nei rapporti con le autorità estere perché queste, che attendono la conferma dell’acquisto della cittadinanza, in molti casi di ritardo hanno sospeso le procedure di riaccreditamento per potere operare nel Paese agli Enti che non sono riusciti ad inviare i certificati di cittadinanza in tempo.

Piergiorgio Gosso: “Anche il riconoscimento giudiziario obbligatorio delle sentenze straniere di adozione internazionale è preso di mira dal documento oggetto delle presenti note, senza che siano illustrate le ragioni che ne giustificherebbero l’abolizione, se si esclude il solito riferimento all’eliminazione di inutili perdite di tempo.”

Marco Griffini: “Nel Manifesto di Ai.Bi. è stata chiaramente precisata la necessità connessa al riconoscimento automatico della sentenza: consentire al minore l’acquisto immediato della cittadinanza italiana. La nostra proposta non è evidentemente legata solo alla “eliminazione delle inutili perdite di tempo” ma ad eliminare un doppio controllo che si ripercuote negativamente sui minori coinvolti nella procedura adottiva. Forse il Dott. Gosso non sa che nel tempo che intercorre dall’ingresso del minore in Italia all’ordine del giudice italiano di trascrizione della sentenza nei registri dello stato civile il minore non rientra nello stato di famiglia degli adottanti e in alcuni tribunali come quello di Roma non è inusuale attendere fino a sei mesi dall’ordine del giudice all’effettiva trascrizione della sentenza. Oltre a ciò, come noto agli addetti ai lavori, le Autorità estere richiedono una certificazione dell’avvenuto acquisto della cittadinanza e, quando questa tarda a causa dei frequenti rallentamenti burocratici, ne conseguono problemi “diplomatici” che si ripercuotono sull’attività che gli enti autorizzati conducono all’estero.”

Piergiorgio Gosso: “Al riguardo sembra sufficiente osservare che il “controllo” di tali sentenze, lungi dall’essere un marchingegno diabolico per mettere il bastone tra le ruote a chi desidera adottare, è espressamente previsto dalla Convenzione dell’Aja del 1993, “nel superiore interesse del minore” (articolo 24), e non si vede a quale titolo questa fondamentale garanzia debba essere cancellata con un colpo di spugna, né quale migliore autorità rispetto a quella giudiziaria specializzata dovrebbe operarla.”

Marco Griffini: “Meraviglia che un esperto di diritto come il Dott. Gosso appaia stupito di un meccanismo che consente già nel nostro ordinamento il riconoscimento automatico delle sentenze straniere in moltissime materie, grazie alla legge n. 218 del 31 maggio 1995. Da quando è stata ratificata la Convenzione dell’Aja del 1993, il minore adottato entra in Italia sulla base di una dichiarazione rilasciata dalla Commissione per le Adozioni Internazionali successivamente alla pronuncia della sentenza straniera di adozione. In questa dichiarazione la Commissione Adozioni attesta il rispetto delle procedure seguite per quello specifico caso e attesta altresì la rispondenza dell’adozione al superiore interesse del minore (art. 32) e la conformità dell’adozione alle disposizioni della convenzione (art. 39). In realtà, la certificazione della CAI che, secondo la nostra legge nazionale, viene prestata “come previsto dall’articolo 23, comma 1, della Convenzione stessa”, contrasta già con l’ingerenza della stessa autorità centrale italiana rispetto ad una sentenza di adozione pronunciata all’estero secondo le procedure, visto che l’art. 23 comma 1 della Convenzione recita quanto segue: “L’adozione certificata conforme alla Convenzione, dall’autorità competente dello Stato contraente in cui ha avuto luogo, è riconosciuta di pieno diritto negli altri Stati contraenti”. Questa norma conduce già ad un riconoscimento di pieno diritto della sentenza perché il rispetto delle procedure viene dichiarato di competenza dell’autorità centrale del Paese che quella sentenza ha emesso.

Comunque, anche ammettendo l’impostazione contenuta nella nostra legge nazionale, e accettando dunque un ruolo di controllo della nostra autorità centrale, è evidente che l’avere reintrodotto con la legge di ratifica del 1998 (legge 476/1998) un controllo dei tribunali che una precedente legge (legge 218/1995) aveva abolito per moltissime materie anche di volontaria giurisdizione, contrasta con un sistema nel quale esiste una apposita autorità addetta a questo controllo.