Tra i profughi siriani a Milano: “Uccidevano le persone come fossero animali”

siriani a milanoAhmed e Nour scherzano su una panchina di via Padova, a Milano, la strada più multietnica della città. Entrambi sono scappati dalla Siria con moglie e figli. Sperano di tornare in patria, un giorno, ma per ora sono riusciti a salvarsi dalla guerra. Un argomento, questo, di cui non amano parlare. Non nominano mai né i ribelli, né le altre forme di opposizione al regime. Tra i profughi siriani, si sente solo dire che “il capo è cattivo”, con riferimento al presidente Bashar al-Assad. Con lo scoppio del conflitto, “hanno cominciato a uccidere le persone come fossero animali”, dicono alludendo ai soldati di Assad.

Ahmed e Nour sono due dei circa 6mila siriani transitati da Milano a partire da ottobre 2013, in attesa di raggiungere parenti e amici nel Nord Europa, soprattutto Germania e Svezia. Un giro interamente gestito da trafficanti ben organizzati, come quelli che li hanno portati in Italia.

Ognuno di loro ha da raccontare storie drammatiche, di guerra e di povertà.

Mohamed è il figlio di Ahmed: ha 6 anni e due fratelli di 4 e 9 anni. Ha visto la sua cameretta distrutta in un attimo da un bombardamento dell’aviazione. Viveva a Dara’a, una delle città più antiche della Siria, dalla quale è dovuto scappare con tutta la sua famiglia. “è stato operato due volte alla testa – ricorda suo padre – e ha un taglio nella gola perché non riusciva più a respirare. Ha trascorso tre mesi in stato confusionale. Ora va meglio, ma non sente dall’orecchio destro e zoppica un po’ per la frattura a una gamba. Ha meno forza nella mano sinistra”.

Nur invece ha 18 anni e la guerra le ha tolto, oltre alla casa, anch’essa distrutta da un bombardamento, anche il diritto di diplomarsi. È dovuta fuggire dal campo profughi di Yarmouk, alla periferia di Damasco, assediato dalle forze governative siriane da luglio 2013. Da allora, almeno 200 civili avrebbero perso la vita, di cui 128 per denutrizione. Dalla Siria, Nur è volata prima a Beirut e poi al Cairo. Quindi, dalle coste egiziane si è imbarcata alla volta dell’Italia. Pensavamo di morire in mare – racconta–, una volta salpati dal litorale egiziano. Invece, siamo riusciti ad arrivare nei pressi di Catania”. A Milano riesce finalmente a riposare ed è grata agli italiani. Ma ha dovuto per ora abbandonare il suo sogno di diventare medico. L’obiettivo, adesso, è quello di ricongiungersi con il resto della sua famiglia, ad Hannover, in Germania. Qui vive uno zio e la minore delle sue sorelle, mentre suo padre e le altre due sorelle sono ancora in Egitto.

“Questo calvario non può più passare sotto un silenzio omertoso – afferma don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità di Milano, riferendosi all’odissea che ogni profugo siriano deve affrontare  –. È un problema che riguarda tutti: Italia, Unione Europea, convenzioni internazionali. Queste ultime devono superare gli accordi di Schengen, a partire dai minori, perché il diritto all’infanzia è intangibile.

 

Fonte: l’Espresso