Cina. “Da una stanza uscì un bambino disabile che, dopo avermi guardato, mi diede un bacio…e il sorriso di Francesco lo fa rivivere ogni giorno”

cina 1Francesco sfodera un sorriso standard per tutti ma quello che regala a noi è unico! Ci sentiamo indegni di tanta felicità!”. Sono le prime parole di una coppia innamorata del loro bambino di due anni e mezzo, rientrati in Italia a dicembre da Xi’An: Marcello e Martina (nomi di fantasia ndr) stanno vivendo momenti di gioia incontenibile per l’arrivo di loro figlio, atteso per quattro anni. “Un periodo che è stato necessario e utile per maturare la nostra scelta. Una scelta che rifaremmo mille volte!”.

La coppia pugliese racconta per #iosonoundono le giornate in Cina e in Italia, la rinascita di un bambino che ha vissuto in istituto poco tempo dopo la nascita.

Un dono di primavera, significa il suo nome in cinese – dice la mamma – : lo è davvero per tutti noi”.

Francesco, che all’incontro con mamma e papà era piccolo di costituzione, ha già recuperato peso ed energie dopo poche settimane di vita in famiglia. “E’ un bambino molto socievole, manda bacetti a tutti”, raccontano i genitori. “Io all’inizio pensavo fossero solo per noi!” aggiunge il papà che racconta l’evoluzione di un piccolo essere umano che sta imparando a esprimere le emozioni. “Francesco, malgrado il suo passato, è un bambino vivace e sempre allegro. Ama giocare, riempire e svuotare i contenitori come tutti i bambini, colma la casa con il suo entusiasmo. Pensi che quando va a far la spesa con mia moglie io sento un vuoto …totale!” racconta questo papà innamorato.

I bisogni speciali di Francesco a detta dei genitori sono irrilevanti. “Ha un occhio più chiuso dell’altro, per il quale stiamo facendo visite mediche e valutazioni su come intervenire – raccontano – e qualche piccolo problema sanitario davvero di poca importanza, che probabilmente si risolverà con la crescita. C’è un po’ di preoccupazione, come è normale, ma ci siamo resi conto che questo è anche un aspetto emozionante dell’essere genitori: per Francesco significa, non preoccuparti, ci siamo noi, non sei più solo”.

Marcello e Martina raccontano di come ogni giorno il loro essere genitori significhi anche rassicurare Francesco della loro presenza, del loro esserci per sempre.

I primi tempi, mentre giocava, si girava piano verso di noi per controllare che fossimo ancora lì, come se neanche lui ci credesse fino in fondo – dice Martina, cui il bambino è già molto legato  – Ricordo che una volta mio marito si allontanò per un attimo dall’altalena: Francesco si bloccò, come paralizzato dalla paura”.

Ogni giorno è un progresso, ogni conferma di essere davvero figlio sono conquiste irrevocabili per Francesco. “Ha già perso quello sguardo smarrito dei primi giorni in Cina – dice il papà, che si emoziona al ricordo – è presente, aperto al mondo, la sua postura lo dimostra, non è più curvo e ripiegato su se stesso”.

Qualche eco del passato riaffiora la notte, quando il bambino soffre del cosiddetto “pavor nocturnus, che lo fa alzare da letto o agitare un po’ nel sonno. Un disturbo che Martina e Marcello – sono consapevoli – presto svanirà.

Mamma e papà si sentono di consigliare a tutti l’adozione, avendo sperimentato loro stessi quanto l’abbandono sia presente e diffuso. “A Xi’An stavo facendo foto alle sale dell’istituto dove è cresciuto Francesco, pensando al futuro, quando vorrà sapere – racconta Marcello – : da una stanza uscì un bambino disabile che, dopo averci guardato, ci diede un bacio. Mi sono sentito inopportuno, ho smesso di fare foto. Ho pensato a lui e a tutti quelli che restano senza famiglia”.

Martina e Marcello hanno visto, sperimentato le conseguenze dell’abbandono. Per quanto abbiano apprezzato la cura e accudimento dei bambini, quella giornata in orfanotrofio a Xi’An non sarà cancellata facilmente.

Non se ne parla mai abbastanza, a nostro avviso, eppure in ogni paese del mondo ci sono bambini che aspettano. Basterebbe far sperimentare per soli 5 minuti cosa significhi vivere in un istituto – raccontano – : è una realtà di profonda ingiustizia che anche noi, con l’adozione, possiamo risanare”.