Genitori separati. In caso di contrasto sulla religione dei figli è il giudice a decidere

Gentilissima Redazione,

mi chiamo Paolo e sono padre di una bambina di 10 anni. La mia ex moglie, madre della piccola, da alcuni anni ha iniziato a frequentare il movimento religioso dei Testimoni di Geova, mentre io sono cattolico praticante. Sono iniziati così a sorgere contrasti su chi abbia diritto di impartire l’educazione religiosa di nostra figlia. Non riuscendo a raggiungere un accordo a chi spetta la decisione?

Grazie per l’aiuto che mi saprete dare

Paolo

Gentilissimo Paolo,

secondo il nostro ordinamento è diritto e dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli tenendo conto delle loro personali inclinazioni ed aspirazioni (anche religiose).

Certamente, educare un figlio, vuol dire anche prendersi cura della sua sfera spirituale ed accompagnarlo verso un percorso religioso che molto spesso, per ovvie ragioni, sarà almeno in giovane età, quello professato dai genitori stessi.

Ma cosa accade, se tra gli ex coniugi nascano contrasti sull’argomento?

In caso di dissidi tra mamma e papà sull’educazione dei figli ci si potrà sicuramente rivolgere in tribunale.

Il giudice valuterà i fatti e si esprimerà mettendo sempre in primo piano, l’interesse prevalente del minore ad una crescita sana ed equilibrata e al suo benessere psico fisico.

Un esempio riportato dal sito web “La Legge per tutti”, potrà chiarire meglio il punto.

Una mamma separata, appartenente al movimento dei Testimoni di Geova, decide di rivolgersi al tribunale di Pesaro con l’obiettivo di modificare le condizioni di affidamento della figlia, previste della sentenza di separazione dall’ex marito, di religione cattolica.

Tali condizioni prevedevano il divieto per la mamma di portare con sé alle riunioni religiose la piccola.

La donna pressata dall’ex marito, che era arrivato a chiederle di non frequentare più il gruppo religioso, si era rivolta al giudice domandando che la bimba potesse partecipare ad entrambe le funzioni religiose, sia dei testimoni di Geova, sia quelle cattoliche del padre.

Il tribunale ravvisando, nel contrasto tra i genitori, una compromissione della tranquillità della piccola, ha  ritenuto che il superiore interesse del minore, si ritrovasse nell’accettare le richieste della madre e nella possibilità di  frequentare entrambi i credo religiosi con l’obiettivo di sviluppare una mentalità aperta e tollerante.

Detto ciò, è anche vero che, se monitorando la situazione del minore si ravvisino sintomi di disagio e si riscontri un’imposizione pregiudizievole per lui, sarà possibile per il tribunale vietare la partecipazione del bambino alle riunioni religiose ritenute pregiudizievoli per la sua tranquillità. Stessa cosa qualora il minore dimostri preferenze verso una tipologia religiosa piuttosto che un’altra.

Staff Ai.Bi.