I drammi nascosti della pandemia: la solitudine

A rischio la salute mentale di chi si trovi a trascorrere l’emergenza sanitaria senza nessuno accanto che possa riservargli un gesto.

Nuove regole e nuove abitudini sono entrate a far parte della nostra vita a causa dell’emergenza sanitaria. Siamo sempre stati riconosciuti nel mondo come una popolazione accogliente, dedita ai gesti di affetto ed alla socialità, ma la pandemia ci ha vietato anche questo.

Quante persone, nei periodi di lockdown si sono trovate completamente sole nelle proprie abitazioni. Tante, se in alcuni Paesi europei si è addirittura pensato di istituire la figura del “compagno di coccole”  per salvaguardare la salute mentale di chi si trovi a trascorrere l’emergenza senza nessuno accanto che possa riservargli un gesto d’affetto.

Altrimenti non si spiegherebbe come mai, in un articolo di Avvenire a firma di Dubravka Suica, vice presidente della Commissione UE per la democrazia e la demografia e Paolo Gentiloni, commissario dell’economia, la solitudine sia considerata una delle grandi emergenze sociali del nostro tempo e una condizione diffusa tra i cittadini della comunità europea, che la pandemia ha solo aiutato a far emergere.

Un sentimento già presente nelle nostre comunità e trasversale a tutte le fasce d’età che, come si legge nell’articolo, potrebbe influire oltre che sul benessere mentale, anche sulla nostra salute fisica:

Alcuni studi hanno dimostrato che esiste un nesso tra solitudine e problemi di salute in età avanzata, che è particolarmente rilevante nella demenza, nella depressione e in altri aspetti della salute psicologica. La solitudine però non è legata esclusivamente all’età e un’età avanzata non è sinonimo di essere soli. Sempre più giovani riferiscono infatti di soffrirne”.

Da una relazione realizzata della Commissione europea sull’impatto dei cambiamenti demografici emerge infatti come le persone vivano sempre più da sole, soprattutto nelle grandi città,  40% solo a Milano e come i poveri e i disoccupati siano le categorie che maggiormente tendono a sentirsi sole.

Cosa fare?

Dobbiamo far si che gli insegnamenti dolorosi della pandemia portino ad un miglioramento della salute e ad una maggiore solidarietà, soprattutto tra generazioni – dichiarano Dubravka Suica e Paolo Gentiloni su Avvenire – Mentre lavoriamo per garantire che le nostre società e le nostre economie non solo si riprendano, ma emergano più resilienti dalla pandemia, dobbiamo considerare l’elemento solitudine nell’elaborazione delle nostre politiche”

Ma anche noi cittadini dobbiamo fare la nostra parte. Tornando a tendere la mano al nostro vicino. Chiamando un amico che sappiamo essere solo. Mostrando comprensione ed affetto verso una persona anziana o malata. Essendo più presenti ed attenti anche con i nostri familiari, tra le mura domestiche. Mettiamo un po’ da parte social e tecnologia e trascorriamo più tempo con i nostri cari. Ricordandoci che a volte è possibile sentirsi soli anche in una casa piena di persone che non ci dedicano attenzione.