I Faccardi: esempio di accoglienza e del valore del ‘dono’. Fanno volontariato tra Italia e Ucraina dove hanno adottato con Ai.Bi ben 5 fratelli

bambini ucraina “Due persone che sanno che cosa significa accogliere e donare il proprio tempo e se stessi. Non parlano di ciò che fanno: lo fanno. Non raccontano le storie degli altri: le rispettano e le serbano in loro”. Così vengono descritti Mario Faccardi e Giovanna Berlinghieri, 39 e 41 anni, di un piccolo comune di poco più di 8mila abitanti in riva al lago d’Iseo.

Mario è impiegato in banca, Giovanna è un medico specializzata in radioterapia all’ospedale di Esine. Ma il loro lavoro è solo una piccola parte della quotidianità che dedicano interamente agli altri. Soprattutto ai ragazzi: sono tra i fondatori dell’associazione Domani Zavtra, che cerca di donare un futuro migliore ai bambini degli orfanotrofi ucraini e in Ucraina si recano anche quattro volte all’ anno per offrire il loro sostegno ai giovani disagiati.

Di frequente hanno tenuto in affido temporaneo bambini e adolescenti italiani e stranieri, per toglierli da situazioni di emergenza. Tre anni fa hanno adottato con Ai.Bi cinque fratelli provenienti da un orfanotrofio in Ucraina. Hanno dovuto lottare con lo Stato italiano, che inizialmente voleva concedere l’adozione di un solo ragazzo, e con lo Stato ucraino per dimostrare quanto tenessero a tutti e cinque.

Alla fine sono riusciti nel loro intento di non dividerli. Una decisione impegnativa, visto che al momento dell’adozione Irina, la più grande, aveva 17 anni, Julia 16, Lena 14, Dima 13 anni e Angela 8. Età, caratteri ed esigenze diverse… in una volta sola. Un impegno che nel 2015 ha fatto loro vincere il premio “Famiglia più accogliente d’Italia”, consegnato ogni anno da Amici dei Bambini.

Oltre a essere volontari nella Casa dell’accoglienza di Capriolo, Mario e Giovanna sono impegnati in Consiglio pastorale, Azione Cattolica e catechesi per adolescenti. Chi ha avuto a che fare con loro li considera “sempre disponibili ad accogliere e a mettersi in gioco di fronte a nuove richieste d’aiuto viste, percepite o implicite”. I figli sono ben integrati nella comunità. Frequentano i gruppi di Azione Cattolica e hanno appreso la disponibilità e l’altruismo dai genitori, aiutando durante le sagre nello stand dell’oratorio o assistendo i bambini nel periodo estivo. Stefania, oltre al suo lavoro, dedica gratuitamente parte del suo tempo ai malati che vivono più vicini a casa. Di lei raccontano che “se li vede abbattuti va a trovarli, se li vede confusi cerca di rasserenarli e di non farli sentire soli nell’affrontare la malattia”.

E la terra di origine dei bambini?I nostri figli hanno mantenuto i contatti con i loro amici – racconta ancora Stefania – e di certo vengono a sapere qualcosa di quanto accade in Ucraina. A dir la verità, forse possono farsi un’idea più oggettiva stando in Italia che seguendo i notiziari del loro Paese che tendono a raccontare versioni opposte degli eventi”.

Restando in contatto con i loro amici, i 5 fratellini salvaguardano anche la propria lingua. “Ci è sembrato giusto rispettare la loro cultura. Anche in casa tra loro spesso si parlano in ucraino – conclude simpaticamente Stefania –: soprattutto quando litigano!”

Fonte: Giornale di Brescia