“Viveva in un dormitorio comune, poi mi ha raccontato la sua storia e io l’ho accolto come un figlio”

misnaCi sono miniere più preziose di quelle d’oro. Una di queste è il Forum del sito di Amici dei Bambini, fonte inesauribile di informazioni e testimonianze di accoglienza. Come quella di Icham (nome di fantasia), un ragazzo tunisino arrivato in Italia a bordo di un barcone, solo con suo fratello, senza il sostegno di una famiglia. Quella famiglia che ha trovato nel nostro Paese grazie a qualcuno che ha aperto le porte della sua casa e del suo cuore.

Al momento dell’approdo sulle nostre coste, qualche anno fa, Icham e suo fratello erano entrambi minorenni. Quella dei minori stranieri non accompagnati non era ancora un’emergenza, perché i numeri degli arrivi erano molto inferiori rispetto a quelli odierni. Nonostante questo, neppure a loro – come avviene ancora oggi per quasi tutti i giovanissimi migranti – lo Stato riuscì a garantire un’accoglienza a misura di minore. Così, dopo lo sbarco, risalirono la penisola, trovando ospitalità in dormitori comuni. Arrivati in Piemonte, Icham trovò lavoro in una piccola impresa edilizia.

Quella stessa impresa a cui Elena (nome di fantasia) si rivolge nel momento in cui decide di avviare i lavori di ristrutturazione della sua abitazione.  “Un giorno, scesa al piano terra per vedere i lavori, Icham mi è apparso davanti all’improvviso – racconta Elena nel suo post sul Forum -. Mi ha rivolto un gran sorriso e, anche se non conosceva bene la nostra lingua, mi ha salutato. Mi hanno subito conquistata i suoi modi umili ed educati”.

Finiti i lavori, però, le strade di Elena e di quel ragazzo solo venuto da lontano si separano. Ma non per molto. Un giorno il citofono di casa di Elena suona inaspettato. Dall’altra parte della porta c’era lui, con gli occhi tristi. “L’ho fatto entrare – racconta lei – e per la prima volta lui mi ha raccontato la sua storia. Icham aveva capito tutto: aveva percepito che in quella casa c’era il senso dell’accoglienza, l’affetto che gli mancava da troppo tempo, la famiglia della quale un ragazzino come lui non può fare a meno.

“Era disperato – ricorda Elena -, senza un lavoro fisso non avrebbe potuto prendere una casa in affitto”. Mentre Icham cercava di trattenere le lacrime, la sua storia tocca sempre più il cuore di Elena. Che non esita un attimo in più a offrirgli una camera in casa sua.

L’ho accolto come un figlio – scrive sul Forum -, dandogli cibo e un letto. Per mesi ho cercato di trovargli un lavoro, ma non tutti erano disposti ad assumere un ragazzo tunisino”. “Fino a quando, un giorno, è stato assunto da un’impresa di pulizie. Per 5 anni ha continuato a vivere a casa mia. Ora ha un lavoro ed è rispettato da tutti”.

Camel per 5 anni è stato a tutti gli effetti figlio di Elena. Allo stesso modo, migliaia di famiglie italiane si sono dette disponibili ad accogliere come figli i tanti minori stranieri non accompagnati che sbarcano oggi sulle nostre coste. La promozione dell’affido familiare di questi giovanissimi migranti è uno degli obiettivi del progetto Bambini in Alto Mare di Ai.Bi. Per permettere che tutto ciò diventi realtà, urge l’intervento delle nostre istituzioni che, però, fino a oggi, non hanno creduto in questa forma di accoglienza, continuando a collocare i minori soli in comunità o in grandi centri perennemente al collasso.