Covid. Variante Delta: attenzione a bambini e adolescenti, ma i vaccini funzionano

La cosiddetta “variante Delta” del virus SARS-CoV-2 aumenta i contagi tra i più giovani, che sono anche la fascia meno vaccinata. Ma gli esperti sottolineano di stare tranquilli: i bambini sviluppano più anticorpi e durano più a lungo

Niente paura! È questo il messaggio principale che arriva dagli esperti in merito alla variante Delta del Coronavirus, che qualche allarme sta creando in tutto il mondo e che presto è destinata a diventare quella dominante anche in Italia.

Variante Delta: colpisce i più giovani anche perché sono i meno vaccinati

La contagiosità della mutazione individuata per la prima volta in India e ribattezzata con il nome della quarta lettera dell’alfabeto greco è sì decisamente più contagiosa della variante Alfa (a sua volta più contagiosa del virus originario), ma la tenuta dei vaccini regge. Anche il fatto che si ammalino di più i giovani è indicativo in questo senso, perché proprio quelle sono le fasce di popolazione meno vaccinate e, dunque, più a rischio.
A ribadirlo è anche un articolo del sito della Fondazione Veronesi, che sottolinea come nelle face di età over 60 l’aumento dei contagi non si stia verificando, tanto che, all’aumento del numero generale di contagi, non corrisponde un analoga crescita della pressione sugli ospedali.

Il “niente paura” è anche il leitmotiv dell’intervista rilasciata dal virologo Giorgio Palù al Corriere della Sera. Il componente del Comitato tecnico scientifico e presidente del cda dell’Aifa è categorico: La variante Delta è “un’evoluzione naturale del virus che muta nel suo genoma, non graviamo questo fenomeno fisiologico di drammaticità”. Questo nonostante i numeri indichino che la variante ha preso velocemente il sopravento in Inghilterra e, in misura minore, in altro Paesi, mentre in Italia l’Istituto superiore di sanità indica una sua prevalenza intorno al 20%.

I vaccini funzionano, specie dopo il ciclo completo

Sulla sintomaticità ancora non ci sono dati certi, perché dove i numeri sono più elevati (In Inghilterra) e, quindi, più “studiabili”, molti dei malati avevano già ricevuto una dose di vaccino, cosa che può aver attenuato i sintomi. Sicuramente colpisce di più i bambini, con sintomi che assomigliano molto a quelli del raffreddore. Ma, ancora una volta, come detto, il fatto che proprio i bambini siano i più indietro nella copertura delle vaccinazioni, sicuramente incide.

Come incide il fatto, riscontrato da una ricerca dell’Università di Padova e dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera di Padova, la Fondazione Penta ONLUS e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, che indica che nei bambini da 0 a 6 anni ammalatisi di Covid, gli anticorpi sviluppati sono superiori a quelli osservati nella popolazione adulta di 7 o 8 volte e durano più a lungo. Una buonissima notizia, visto che per questi bambini ancora non ci sono vaccini autorizzati.

E, a questo punto, arriviamo alla questione vaccini. Anche in questo caso Palù non ha dubbi: “Il vaccino protegge con grande efficacia e bisogna accelerare la campagna di immunizzazione in tutte le fasce d’età, dai 12 anni in su, facendo il massimo sforzo per coprire quei circa 2,5 milioni di over 60 non ancora vaccinati, i più esposti”. Anche perché la copertura ottimale arriva se si sono effettuate entrambe le somministrazioni, non solo la prima.

Fondamentale, dunque, non frenare sulla campagna vaccinale arrivata, a fine giugno, a contare oltre 51 milioni di somministrazioni, con quasi 19 milioni di persone over 12 che hanno completato il ciclo vaccinale, ovvero il 35% della popolazione.