Kenya. Dopo cinque anni di blocco la società civile Africana chiede la riapertura delle adozioni internazionali. Cosa può fare l’Italia?

Insostenibile il peso numerico della infanzia abbandonata nel paese africano. Il ruolo dell’Italia

bolzano-kenyaQuando si parla di Africa, e ultimamente lo si fa spesso, anche a sproposito, non si può dimenticare il dramma della chiusura all’adozione internazionale di diversi Paesi del “continente nero”, che fa il paio con i dati preoccupanti sull’abbandono di minori. Ed è il caso, purtroppo, anche di Paesi di dimensioni importanti. Come, ad esempio, il Kenya.

Il Kenya ha, infatti, chiuso da cinque anni (con una moratoria del 2014) alle adozioni in maniera formale, a seguito della decisione del Governo del Paese stesso di non rinnovare l’accreditamento agli Enti di Paesi terzi. Una ritrosia, quella keniota, similare a quella di altri Paesi africani che, per combattere i fenomeni di corruzione e criminalità intorno alle adozioni hanno scelto di fermarle definitivamente. Una scelta che, però, contrasta con il numero di minorenni abbandonati, che, si stima, potrebbero essere circa 2,5 milioni. Un’enormità.

Chiaro dunque che, di fronte a queste cifre, sia iniziato il dibattito interno sulla necessità di riaprire , il prima possibile le adozioni internazionali. Riportare le frasi più significative delle voci favorevoli alla riapertura, con la necessità di controlli.

Lo ha sostenuto, ad esempio, la deputata Millie Odhiambo, che ha spiegato ad africa.cgtn.com di non essere: “a favore di un processo che punirà tutte le organizzazioni. Quella tratta di esseri umani o abusare dell’adozione dovrebbe essere cancellata“. Allo stesso organo di stampa anche il presidente della Commissione Nazionale per l’Adozione (NAC), Wambui Njuguna, ha sottolineato come l’adozione sia preferibile alle condizioni di certi centri di accoglienza kenioti per minori in stato di abbandono.

Il Kenya dispone di un sistema di adozione internazionale unico nei paesi africani , in quanto ha autorizzato delle Associazioni locali a interloquire con gli enti autorizzati stranieri. In Kenya sono cinque gli enti italiani autorizzati ad operare dalla CAI – Commissione Adozioni Internazionali, fra cui Ai.Bi. – Amici dei Bambini.

Cosa potrebbe fare l’Italia? Molto, tenendo presente che il belpaese investe in Kenya molti milioni di euro in attività di cooperazione internazionale (è un paese prioritario per il Ministero degli Affari Esteri) e quindi potrebbe aiutare le autorità locali ad avviare un protocollo di riapertura secondo canoni di trasparenza accettabili.