Morire per adottare una bambina

Dopo tre mesi di ospedale è morto Enzop Galli, il papà della coppia di genitori che era rimasta bloccata in India per il Covid dopo aver adottato una bambina

La vicenda aveva, giustamente, ottenuto grande visibilità circa tre mesi fa, allorché una coppia di genitori adottivi fiorentina (di Campi Bisenzio) era rimasta bloccata in India a causa del Covid.
Erano i giorni in cui il Paese indiano era alle prese con un’ondata spaventosa di contagi. La coppia era ormai pronta per rientrare in Italia con la propria figlia adottiva, quando la mamma era stata trovata positiva al Covid. Ricoverata in condizioni igieniche precarie, finita in una stanza di ospedale senza assistenza, dalla cui finestra, scrisse, “vedevo le persone morire per terra, ammassate”, riuscì a rientrare in Italia con i suoi grazie a un volo approntato grazie a una raccolta fondi di 130 mila euro. Come riporta un’intervista della moglie di Enzo al Corriere della Sera, il volo è stato pagato senza che lo Stato sborsasse un centesimo.

Papà e figlia positivi dopo il rientro in Italia

Arrivati in Italia, sia la bambina sia il papà erano risultati positivi e vennero ricoverati. La bimba, asintomatica, non ebbe problemi, il papà, invece, da subito risultò in condizioni molto gravi.
Ora, dopo tre mesi di lotta in cui, come riporta Repubblica, “a parte qualche sporadico segnale di miglioramento, è rimasto su un letto di ospedale in bilico tra la vita e la morte, affrontando complicazioni ai polmoni e al cuore, uno choc settico e anche la dialisi”, è morto.

Un destino assurdo: morire da neo papà, dopo aver finalmente adottato una bambina che, come sanno tutti i genitori adottivi, è il culmine di un lungo cammino di preparazione, attesa, speranze e delusioni.

Un destino assurdo e quell’appello rimasto inascoltato per tanto tempo

Oggi è il momento del dolore e del cordoglio, non certo quello delle polemiche, però fa ancora più male pensare che tutta questa sofferenza, forse, poteva essere evitata. Per diverso tempo il LIAN (LIfe In Adoption Network) aveva chiesto che le coppie in partenza potessero essere vaccinate in via prioritaria, senza trovare una sponda che recepisse in tempi rapidi la proposta. Non era una richiesta così “enorme”, e forse è stata sottovalutata anche per questo: “In fondo – potrebbe aver pensato qualcuno –  sono poche coppie… Ci sono cose più importanti con numeri ben maggiori da considerare”. Eppure, oggi, ci ritroviamo tutti a stringerci intorno a una moglie che ha perso suo marito e a una figlia che ha perso il suo papà, tre mesi dopo averlo trovato.

La vicenda è anche un segno di quanto poco siano considerate le necessità delle coppie adottive a livello “politico”, come se fossero l’ultimo punto all’ordine del giorno, di quelli che si possono sempre rimandare alla riunione successiva e a quella dopo ancora e così via. Finché un papà non muore e ci si ritrova a chiedersi, al di là del destino che appare così assurdo e cattivo, se forse, a tutti i livelli, non avremmo potuto fare qualcosa di più.

AGGIORNAMENTO – I ritardi che hanno condannato la coppia in India per l’adozione

In una intervista al Corriere della Sera, la signora Simonetta Filippi racconta di come l’ambasciata italiana in India non abbia aiutato a risolvere la situazione quando la pandemia ha iniziato a devastare il Paese. “Ringrazio il console Daniele Sfregola, è stato straordinario – si legge nell’intervista concessa al Corriere della Sera – Ma l’ambasciata italiana non la devo ringraziare, ci ha lasciato soli. Eravamo andati a chiedere i visti per tornare al più presto in Italia perché la pandemia in India sembrava ancora più terribile. Ci hanno buttato fuori dicendo che c’era il lockdown e dovevamo prendere un appuntamento. Ce l’hanno dato dopo una settimana e quella settimana è stata fatale”.

In quella settimana, infatti, nell’hotel in cui alloggiava la coppia c’è stato un matrimonio, con centinaia di invitati e nessuna precauzione. Probabilmente è lì che è avvenuto il contagio.

L’ultimo messaggio prima di morire

Ed è lì che è iniziato il calvario, che ha portato prima la moglie ad ammalarsi e, come detto, una volta arrivato in Italia, il marito. I medici dell’ospedale Careggi “sono stati straordinari” . dice ancora Simonetta, così come straordinario, fino all’ultimo di è rivelato Enzo, che poco prima di essere intubato ha mandato alla moglie quello che, oggi, rimane il suo ultimo messaggio: “Mi intubano, ora ti saluto. Amore da domani non parleremo più. Mi affido totalmente alla volontà di Dio e alle decisioni che prenderete. Vi amo tanto. Stai sicura che Dio è più grande”.