Il parto in anonimato. Un diritto per la madre e per il figlio

Torniamo a parlare del parto in anonimato, con la testimonianza di Claudia Ruffino che nel libro “Una vita in dono” ha raccontato la sua vicenda di figlia non riconosciuta

Dopo la vicenda del piccolo Enea, la discussione relativa al parto in anonimato è sempre più presente nel dibattito pubblico. A dare un contributo significativo alla discussione partecipa anche Claudia Ruffino che nel libro Una vita in dono, ripercorre la sua vicenda di figlia non riconosciuta e adottata.

Claudia, figlia non riconosciuta e adottata a 3 mesi

Nel febbraio del 1966 la madre di Claudia aveva scelto il parto in anonimato in un ospedale di Torino.
È stato l’ufficiale di stato civile quindi a dare il nome alla bambina. Dopo è stata trasferita all’Istituto Provinciale per l’Infanzia di Torino dove si trovavano circa 300 bambini, da 0 a 3 anni. Ai tempi erano poche le coppie disponibili all’adozione.
Ora, Claudia ha 56 anni, è insegnante di greco e latino, e, con l’aiuto di Barbara Di Clemente, ha cercato di ridare una voce a sua madre, ripercorrendo la propria vicenda nel libro Una vita in dono.

Il libro Una vita in dono

Attraverso interviste ad assistenti sociali, operatori e ginecologi, le autrici raccontano storie di donne che hanno scelto il parto in anonimato. Una scelta sempre dolorosa per la madre.
In un’intervista sul portale Vita.it, Claudia ha affrontato nel dettaglio la questione del parto in anonimato, uno strumento che “garantisce la sicurezza della donna e del bambino, ma se le donne che lo scelgono vengono giudicate e abbandonate, viste come donne che abbandonano il bambino, sempre meno donne sceglieranno questa opzione.”
A quanto pare, negli ultimi anni si ricorre sempre meno al parto in anonimato, forse questo dipende anche dal timore della madre di essere ricercata una volta che il bambino cresciuto e potrà chiedere al tribunale di verificare se la donna che lo ha messo al mondo è ancora intenzionata a mantenere l’anonimato.

Una riflessione sul caso del piccolo Enea

Quando le viene chiesto un’opinione sui recenti casi emersi sulla cronaca, come quello del piccolo Enea, Claudia sottolinea di non voler usare la parola “abbandonato”.
Il bambino ora è affidato a mani sicure e presto di avvierà l’iter per l’adozione, a me che la madre non ci ripensi.
A essere abbandonata è la donna.

Informazioni e domande sull’adozione internazionale

Chiunque stesse considerando di aprirsi all’adozione internazionale o semplicemente desiderasse avere maggiori informazioni su questi temi, può contattare l’ufficio adozioni di Ai.Bi. scrivendo un’e-mail a adozioni@aibi.it