La sentenza della Corte Costituzionale sulla maternità surrogata: in Italia resta vietata, ma…

È legittimo il divieto generale di trascrivere in Italia atti e sentenze stranieri che riconoscano dalla nascita come figli i nati da maternità surrogata. Tuttavia il legislatore è chiamato a introdurre nuovi strumenti per tutelare caso per caso i legami ormai acquisiti.

Con sentenza n.33/2021 depositata il 9 marzo, la Corte Costituzionale ha stabilito, richiamando sul punto la Corte Europea dei diritti dell’Uomo, che gli Stati sono liberi di non consentire la trascrizione di atti di stato civile stranieri, o di provvedimenti giudiziari, che riconoscano sin dalla nascita del bambino lo status di padre o di madre al “genitore d’intenzione”, cioè della persona che non è legata da vincolo biologico con il minorenne appena nato ma che viene registrata o dichiarata tale dalla nascita.

Maternità surrogata potenzialmente lesiva dei diritti dei minori

È quindi legittimo per l’Italia, nel rispetto del limite dell’ordine pubblico e proprio allo scopo di non fornire incentivi, anche solo indiretti, alla pratica procreativa della maternità surrogata, considerare in via generale tale pratica potenzialmente lesiva dei diritti dei minorenni e delle donne nonché contraria alla stessa dignità delle donne che accettino di portare a termine la gravidanza per conto di terzi.

Con questa importante sentenza, in cui è anche chiarito che il principio del superiore interesse del minore non deve prevalere in assoluto su qualsiasi altro interesse in gioco, viene finalmente affermato che c’è una sostanziale differenza tra i singoli casi particolari, che possono essere decisi per tutelare i diritti dei bambini in situazioni particolari per legami affettivi già esistenti, e il riconoscere in via generale pratiche che trasformino l’eccezione in regola giustificando l’acquisizione o la perdita del ruolo di genitore contro ogni altro principio previsto per tutti gli altri casi.

L’ammissibilità delle note scritte presentate da AiBi

Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini, che aveva presentato delle opinioni scritte insieme ad altre associazioni, aveva infatti evidenziato che il diritto primario e fondamentale di ogni bambino è quello di crescere con i propri genitori biologici e che per la protezione alternativa da offrire ai minorenni nel caso di genitori assenti o non idonei, è necessario che le competenti autorità effettuino i dovuti accertamenti con le procedure e le garanzie previste, essendo i rapporti famigliari nel nostro ordinamento giustamente sottratti alla negoziazione privata.

Così ad esempio per poter pronunciare una adozione è necessario che l’abbandono del bambino sia previamente accertato dal tribunale per i minorenni, mentre d’altra parte i genitori adottivi devono essere formati e valutati e non c’è alcuna ragione per cui una “presunzione di idoneità”,  che esiste – fino a prova contraria – per i genitori biologici, debba essere estesa ad altri casi senza alcuna garanzia per i bambini stessi.

Ai.Bi. aveva anche sottoposto alla Corte Costituzionale che, anche se per la crescita dei bambini occorre un ambiente familiare idoneo ed è indifferente che si tratti di quello di origine o di uno alternativo, entrambi compatibili con il diritto dei bambini allo sviluppo e al raggiungimento del loro pieno equilibrio psicofisico, negli ultimi anni, la stessa Corte Costituzionale aveva reso noto che la consapevolezza delle origini e l’immagine sociale sono componenti identitarie di ogni persona, e che quindi, sotto questo aspetto – organizzare in via generalizzata l’ordine sociale creando bambini sulla base di queste pratiche – significa violare in via sistematica il diritto dei nascituri (e in definitiva della specie umana) allo sviluppo psicofisico ottimale (cfr. Preambolo CRC). D’altra parte, mentre è certo che tutti i bambini hanno diritto allo sviluppo pieno ed equilibrato della propria personalità, è altrettanto certo che non esiste un diritto di essere genitori a tutti i costi.

Necessità di valutare e tutelare situazioni specifiche

La Corte Costituzionale ha tuttavia ritenuto anche necessario che ciascun ordinamento garantisca la concreta possibilità del riconoscimento giuridico dei legami tra il bambino e il “genitore d’intenzione” e di tutelare situazioni specifiche. In altre parole, per consentire ai bambini in situazioni particolari il riconoscimento del «legame di filiazione» con entrambi i componenti della coppia che di fatto se ne prende cura, la Corte Costituzionale ritiene che spetti al legislatore introdurre strumenti nuovi che, pur nel mantenimento del divieto generale di riconoscimento dei provvedimenti stranieri basati sulla maternità surrogata e degli atti di nascita stranieri, consentano il riconoscimento dei rapporti familiari nei casi specifici. In questo senso le norme sull’adozione speciale ex art.44 non sono state ritenute applicabili con sufficiente garanzia per i bambini.

L’intero testo della sentenza può essere letto sul sito della Corte Costituzionale.