Adolescenti e lockdown: è ora che la politica ascolti il loro grido di aiuto

Il 65% dei giovani pensa di pagare le scelte sbagliate degli adulti nel gestire la pandemia. 4 giovani su 10 hanno avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare (37%), stanchezza (31%),  incertezza (17%) preoccupazione (17%). 

Gli ultimi terribili episodi di cronaca che hanno visto protagonista una bambina di soli 10 anni, la cui vita è stata spezzata da un’assurda competizione di “Blackout Challenge” sul social Tik Tok, ha portato alla ribalta prepotentemente il problema del disagio dei giovanissimi all’epoca del coronavirus.

In un momento della crescita particolarmente fragile e delicato, gli adolescenti si sono trovati soli, isolati, senza la possibilità di sfogare la propria vitalità. Come unica finestra sul mondo uno schermo, ma non è la stessa cosa.

Stiamo vivendo un periodo storico contrassegnato dall’isolamento, dalla mancanza di contatto fisico. Quanto è importante per un adolescente relazionarsi con un compagno di banco, giocare una partita di pallone, uscire con un’amica per sfogarsi e chiacchierare.  Tutte attività che sono sempre state considerate scontate ed ordinarie e la cui mancanza oggi sta segnando i ragazzi forse di più di quanto immaginavamo.

Ecco allora gli incomprensibili appuntamenti per fare a pugni, trasgredire e sfogarsi un po’. Ecco le sfide estreme a cui partecipare sui social,  a rischio della propria stessa vita.

Il quotidiano Libero rende noto che in un sondaggio tra 1500 ragazzi, 1 giovane su 5 conosce la Blackout Challenge, il 18% vi ha partecipato e il 30% è al corrente dell’esperienza di qualcuno che ha sperimentato la morte apparente.

Ma come se questo non bastasse ecco arrivare il disagio, gli attacchi di panico, mentre gli atti di autolesionismo, come ha sottolineato Stefano Vicari, direttore dell’unità complessa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’ Ospedale Bambino Gesù, sono aumentati da ottobre del 30%.

Così gli adolescenti esprimono il proprio disagio. È questo il loro grido di aiuto.

Come va? Male. Stare così tante ore davanti a uno schermo è pesante. Mi manca non avere il mio compagno accanto, non poter abbracciare nessuno: mi manca insomma il contatto fisico è normale alla nostra età no?” risponde Michele, 17 anni al giornalista di Famiglia Cristiana che lo incontra in un parchetto della periferia di Milano. E’ lì con pochi amici, tutti con la mascherina.

C’è invece chi come Sara racconta che i primi mesi in cui è tornata a scuola non si sentiva sicura: “L’autobus che prendevo era sempre pieno di gente. A casa con la Dad mi sono trovata bene…”.

 E chi come Filippo, al primo anno di università sottolinea: “Ho visto i professori solo una volta per una prova scritta e ho conosciuto solo un compagno perché abbiamo preparato una tesina insieme, ovviamente a distanza”…

 Mi manca conoscere persone nuove -dice Leonardo–  e anche con le ragazze è un disastro. Loro stanno più a casa di noi, ma anche quando le vediamo è difficile conoscerle. Non si può vederle sorridere. Capire quanto sono davvero carine…”

 Frammenti di vite private dei ricordi e dell’energia tipici dell’adolescenza.

Giovani fragili, adolescenti dimenticati dalla società, dalla politica. Da chi le scelte può e deve farle davvero.

Il 65% dei giovani, si legge su Famiglia Cristiana pensa di pagare le scelte sbagliate degli adulti nel gestire la pandemia. 4 giovani su 10 hanno avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare (37%), stanchezza (31%),  incertezza (17%) preoccupazione (17%).  Solo il 2% dei giovani italiani riferisce di provare in questo momento sentimenti di gioia o di allegria.

Certo, la famiglia è importantissima in questo momento. Deve seguire i ragazzi. Non lasciarli soli. Comprenderli, dialogare con loro. Ma non basta. Servono scelte politiche chiare e nette che li coinvolgano. Che li tutelino.

Serve rimettere al centro i giovani e il loro futuro.