La riforma della Adozione Internazionale. Nono punto: la creazione di consorzi tra gli enti autorizzati

Per Griffini (Ai.Bi.) questa è l’unica strada per “risparmiare risorse e reinvestirle in sempre nuove attività”

Secondo il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini, nell’ottica di una riforma dell’Adozione Internazionale, “vanno elevati i requisiti per gli enti autorizzati, affinché sia eliminata la realtà di enti ‘personali’ e favorita al massimo la creazione di consorzi fra enti, al fine di creare economie di sistema. Inoltre ogni ente autorizzato dovrà poter operare in tutto il mondo purché venga accreditato dalle autorità locali dei Paesi esteri. Non dovrà più essere necessaria un’autorizzazione specifica per ogni singolo Paese”.

Questo è il nono e penultimo punto del decalogo per un rilancio del settore lanciato da Griffini in occasione dell’annuncio dell’accordo sul Recovery Fund, che imporrà all’Italia di riformare diversi settori. E la realtà degli enti autorizzati all’Adozione Internazionale, per il presidente di Ai.Bi., dovrà rientrare tra questi. “Nel 2000 vedeva la luce, in Italia, l’attuale sistema della Adozione Internazionale. All’epoca il motto di fondo sembrava essere: più enti ci sono, più adozioni si fanno. ‘Piccolo è bello’, insomma. E, così, gli enti autorizzati sono proliferati: erano 45 quelli registrati nel novembre del 2000, sono divenuti in tutto 76 nel momento di maggiore ‘densità’. Un numero che, tuttavia, non poteva resistere alle cicliche crisi economiche e sociali vissute a partire da allora. Crisi che, purtroppo, hanno messo in risalto la fragilità di un sistema che si è più volte dimostrato incapace di interloquire realmente con le istituzioni. Questo è purtroppo avvenuto anche con l’emergenza Coronavirus. Di fronte alla paralisi di tribunali e servizi sociali, non vi è stata, da parte del sistema degli enti autorizzati, alcuna presa di posizione”.

“A causa di questa incapacità di incidere – prosegue Griffini – dovuta all’estrema eterogeneità degli enti autorizzati, che vanno dalla realtà quasi unipersonale alle grandi organizzazioni non governative, le coppie adottive sono state lasciate in balia dei tribunali dei minorenni, che fanno il bello e il cattivo tempo. Sottoponendo le coppie non a un iter di accompagnamento e formazione ma, piuttosto, a una sorta di giudizio, con tempistiche tutt’altro che certe come invece prevederebbero le normative vigenti. Troppa eterogeneità, inoltre, non giova a un sistema che dovrebbe parlare con una sola voce. Questa situazione non consente, così, di tentare di scongiurare una crisi che, dopo il Covid, rischia seriamente di essere irreversibile e portare alla scomparsa dell’Adozione Internazionale in Italia. L’unica strada, a questo punto, è quella dei consorzi, per risparmiare risorse e reinvestirle in sempre nuove attività. Solo in questo modo si possono avere enti sempre più influenti sulla scena politica italiana e soprattutto internazionale e che sappiano fare quell’attività positiva di lobby che possa portare la politica a considerare l’adozione come un qualcosa di ordinario nel percorso della protezione dell’infanzia e non, invece, come una sorta di ultima spiaggia per chi decida di diventare genitore.”.

La riforma proposta da Griffini, dunque, va nell’ottica di una semplificazione del panorama degli enti autorizzati, e di una loro maggiore omogeneità anche in termini di dimensioni e organizzazione, oltre che di proiezione internazionale.