Raffaella Carrà e la sua visione profetica dell’Adozione a Distanza: un testamento spirituale da non perdere

Gioia, sorrisi, sorprese… una festa, insomma! Questa l’idea dell’Adozione a Distanza portata in Tv e fatta conoscere all’Italia dalla Carrà. Nulla a che vedere con quella di chi “adotta” qualsiasi cosa, dalle galline ai vicoli, o la utilizza come mera raccolta fondi

Circa 130 mila Adozioni a Distanza attivate grazie a una trasmissione TV. Questo il lascito concreto di “Amore”, programma televisivo del 2006 con il quale Raffaella Carrà fece conoscere a tutta Italia quel sistema che, se ben utilizzato e amministrato, consente davvero di fare la differenza per i bambini abbandonati o più poveri di tutto il mondo.

L’eredità gioiosa dell’Adozione a Distanza di Rafaella Carrà

Ma al di là del lascito quantificabile con numeri e Euro, quello che più rimane di questa operazione senza eguali nella storia della televisione e dell’adozione è lo spirito con il quale venne portata avanti e presentata al cosiddetto “grande pubblico”: niente immagini di sofferenze immani e privazioni, nessun volto malnutrito con le mosche che ronzano intorno, ma tanti sorrisi, gioia e un messaggio di speranza che è motore ben più fecondo della pietà.
Nessuna “pornografia del dolore”, insomma, ma un messaggio positivo che ha portato nella “case degli italiani” la bellezza di un gesto altruistico come pochi; la consapevolezza che anche senza muoversi di casa, dalla comodità del proprio divano, si può fare qualcosa, con uno slancio gioioso, per i bambini in difficoltà che in ogni parte del mondo non mancano mai.

La gioia di questo messaggio, però, ha avuto anche la forza di non adagiarsi nel qualunquismo e nel generico, e molto italico, “volemose bene”, che nell’apparenza di un messaggio facilmente positivo finisce per appiattire qualsiasi valore e svilire il significato delle parole stesse. L’adozione, in questo senso, ne è un esempio emblematico.
Basta fare una semplice prova: andare su Google, digitare nel campo di ricerca la parola “adottare” e vedere che “un cane” è il primo suggerimento per completare la frase, prima di “un bambino” e seguito a ruota da “un gattino”. E se si opta per schiacciare il tasto “invio” dopo il solo verbo (adottare, naturalmente) si apre un mondo in cui i bambini si mischiano a qualsiasi tipo di animale (si può adottare una lontra gigante, per esempio, o una specie in via d’estinzione, per non parlare di scimmie, mucche, galline, volpi, giraffe e tartarughe), alle vigne, ai vicoli di un paese… Insomma, volendo si può adottare qualsiasi cosa. Il ché, per carità, in sé non è mica un delitto: anche in questi casi, al di là delle sempre possibili fregature, se ben gestite le donazioni possono aiutare tutti i soggetti (animati e inanimati) in difficoltà. Certo, però, il rischio è quello di perdere il senso stesso di un verbo (etimologicamente formato da ad + optare, ovvero “desiderare – scegliere”) che, secondo il primo significato della Treccani, giusto per dare un riferimento, indica l’azione di “prendere come proprio il figlio di un altro”.

L’Adozione a Distanza è un “dono”, non una “donazione

In questo senso, dunque, l’Adozione a Distanza non è una semplice “donazione”, come quelle che riguardano gli oggetti, ma è un “dono”, perché instaura una relazione. Come scrive il professor Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali: “Il primum movens nel Sostegno a Distanza è il rapporto con l’altro”. È il dono gratuito che permette di far sentire la misteriosa presenza di qualcuno che “Vuole donare a quel bimbo una soddisfazione. Non a tutti, ma proprio a lui”, come scriveva Luis Sisto, già responsabile della cooperazione internazionale per Ai.Bi. – Amici dei Bambini.

Ecco perché l’eredità di Raffaella Carrà rimane importante: perché nella leggerezza di una trasmissione televisiva riusciva a far passare la gioia, la tenerezza, la concretezza delle storie dietro i volti dei bambini. Nulla a che vedere con i generici messaggi di “raccolta fondi” che puntano alla pietà delle coscienze per raggiungere grandi numeri.
Con una provocazione, si potrebbe dire che l’Adozione a Distanza, quella vera, è ben lontana dal soddisfare e acquietare la coscienza, come se si mettesse una moneta nel cappello del mendicante per sentirsi in pace con se stessi; ma dovrebbe rendere ancora più inquieto l’animo di chi dona, perché quest’ultimo sa di essersi impegnato in una relazione che non può lasciarlo uguale a prima. Sa che il suo gesto è davvero importante per un bambino che, da quel momento, diventa consapevole che da qualche parte, nel mondo, c’è qualcuno che si pre-occupa per lui. Con il sorriso sulle labbra, e un’urgenza nel cuore che non si placherà con un click su Pay Pall.